La chiesa di Sant’Alessandro sorge nell’ambito del centro plebano di Angera. D’origine, forse, tardo-antica (VI sec.), la chiesa non presenta che tracce romaniche limitate al campanile, frutto di una fase riferibile al XI sec. Per il resto, si articola nella forma di un oratorio a pianta rettangolare, con aula unica per i fedeli e presbiterio piuttosto profondo a terminazione rettilinea. La ricostruzione dell’edificio fu avviata nel 1580 e conclusa nel 1585 per servire a sede di confraternita dopo che le funzioni prevalenti, la canonica e la sede parrocchiale erano state trasferite nella vicina chiesa di S. Maria Assunta, oggi prepositurale. La facciata, stretta su una piccola piazzetta alle spalle della chiesa principale, è semplice. Il profilo a capanna è arricchito da un portale centrale coevo alla ricostruzione tardo cinquecentesca. Al centro del frontone spezzato, il portale, scolpito in pietra d’Angera, mostra un ostensorio ad altorilievo, accompagnato da una descrizione dedicatoria e dalla data di presumibile conclusione dei lavori di rifacimento integrale (1585). La finestra che lo sormonta è, invece, più recente, frutto di una fase seicentesca alla quale risale anche il ricco apparato ornamentale di stucco all’interno. Ai lati della facciata, due monofore allungate sono state tamponate col tempo. È scomparso anche il portichetto, esistente nel 1641, e l’apparato decorativo pittorico che doveva, in origine, arricchire il prospetto. L’aula fedeli è suddivisa in tre campate da lesene sormontate da capitelli compositi di notevole finezza, per disegno ed esecuzione; è coperta con volte a crociera, sostenuta da archi trasversali, ed è illuminata da un finestrone per parte, aperto sopra il cornicione in corrispondenza della campata mediana e circondato da una cornice in stucco a volute. Il medesimo riquadro ornamentale accompagna le finte finestre, presenti nelle campate estreme, all’ingresso e prima del presbiterio, e la finestra in controfacciata. Il presbiterio è suddiviso in due campate con sistema articolato di volte, a vela ‘unghiata’, sopra l’altare, a botte sopra il coro. Le due volte del presbiterio sono accompagnate da stucchi e dipinti che esaltano lo spazio sacro del celebrante. L’intero ambiente interno è impreziosito dalla presenza di angeli a tutto tondo, sopra tutte le lesene perimetrali e alla chiave di volta dell’arco trionfale. L’altare maggiore, accurata opera d’intaglio ligneo dipinto e dorato, conserva una pala di Giovanni Francesco Lampugnani, una Crocifissione tra i santi titolari, san Francesco d’Assisi e due offerenti (due confratelli, in veste rossa, del sodalizio del Ss. Sacramento) da collocare dopo il 1636. La chiesa è orientata.
VI – L’origine della chiesa, pur in assenza di documenti diretti d’appoggio e di scavi archeologici mirati, è strettamente legata alla formazione della pieve di Angera che buona parte delle fonti più recenti colloca al VI sec. La dedicazione ai santi martiri anauniesi, Sisinio, Martirio e Alessandro, dell’antica pieve angerese e, quindi, della chiesa che ne costituì per secoli il fulcro, ha indotto alcuni studiosi, anzi, a collegarla a uno stanziamento arimannico, forse nell’ambito di uno scomparso fortilizio che sopravvisse sino al XV sec. in quella parte dell’abitato (Tamborini). Per altri, l’area cristianizzata, certamente collocata al margine nord-orientale della città romana, sarebbe sorta sui resti di una villa antica o tardo-antica (Ardenna, cit. in Besozzi).
XI – La più antica attestazione dell’organizzazione plebana di Angera risale, tuttavia, al “Liber notitiae sanctorum Mediolani”, primo elenco di luoghi sacri diocesani redatto agli esordi del XIV sec. Nel repertorio compare, per la prima volta, l’intitolazione ai santi martiri della “ecclesia maior” e si delinea l’estensione territoriale della circoscrizione ecclesiastica, in quel tempo sviluppata su ambedue le rive del Lago Maggiore, comprendendo località oggi piemontesi e terre oggi lombarde. A testimonianza delle fasi edilizie medievali rimane il possente campanile: sfuggito ad accurati repertori d’arte romanica varesina, è stato recentemente collocato alla seconda metà del XI sec. e accostato, per la progressiva concentrazione in altezza delle specchiature, alla torre campanaria di Arcisate (Schiavi 2011).
1580 – Il destino degli edifici sacri racchiusi nel centro plebano di Angera è noto solo a grandi linee. L’”ecclesia maior”, dedicata ai santi martiri, finì per cedere titolarità e funzioni alla chiesa minore. Questa, d’incerta origine coeva, ma sicuramente presente in età medievale, ebbe ricostruito il presbiterio nel 1488-98 in vista del trasferimento della pieve, del collegio dei canonici (6 membri nel 1398) e, quindi, della sede parrocchiale. La chiesa principale, di contro, finì rapidamente in rovina. Tale era lo stato in cui la trovò Carlo Borromeo nel 1567. Il presule ne ordinò la demolizione in vista di una ricostruzione integrale a uso di oratorio per la confraternita del SS. Sacramento, costituita tra il 1567 e il 1579. Nel 1580 il cardinale diede l’assenso per la riedificazione; nel 1585 la chiesa era pronta. La data si ricava dall’iscrizione sul bel portale tardo-rinascimentale, arricchito di un ostensorio scolpito ad altorilievo sul portale.
XVII – L’interno dell’oratorio fu arricchito nel corso dei decenni successivi alla ricostruzione. Nel 1619 Federico Borromeo avrebbe trovato l’ambiente interno in disordine tanto da impedire le celebrazioni. Per adempiere alle raccomandazioni del cardinale, però, si attese almeno sino al 1636. Solo dopo quella data, secondo Luciano Besozzi, sarebbe stato ricostruito l’altare con ancona, fine opera d’intaglio ligneo dipinto e dorato che ospita una tavola dipinta da Giovanni Francesco Lampugnani con i santi martiri titolari della pieve. L’ipotesi di Besozzi trova concorde Maria C. Terzaghi che data il dipinto e l’altare, coevo, al quarto decennio del XVII sec. In quei decenni, o poco dopo, si completò la ricca decorazione di stucco, sulle volte e sulle pareti interne. Nel 1641 il card. Monti, in visita alla chiesa, la trovò ornata di un portichetto oggi scomparso. Nel 1748, il card. Giuseppe Pozzobonelli poté ammirare la volta completa e “risplendente” di ornati e di dipinti.
1994 – Nel 1994 fu completato un restauro generale dell’interno della chiesa che interressò tutte le superfici (intonaci, stucchi, dipinti) e l’altare maggiore.