La chiesa dei Santi Martino e Barbara veglia sull’abitato montano di Monteviasco almeno dai primi secoli dopo il Mille. L’edificio sorge in continuità con altre costruzioni. Pertanto, la pur possente massa è difficilmente riconoscibile percorrendo le strette contrade del borgo. Solo uscendo dal portico addossato davanti alla facciata del tempio, una terrazza panoramica, aperta sulla verde valle Dumentina, consente di leggere l’articolata serie dei corpi di fabbrica. L’intero, invece, è ampio, frutto di una ricostruzione operata in più fasi e definitivamente conclusa nel 1819: aula unica per i fedeli coperta di volte; presbiterio rettangolare; due cappelle laterali (la corrispondente a quella della Madonna del Rosario fu costruita in epoca imprecisata). Le superfici sono interamente rivestite da affreschi di Angelo Cantù dei primi decenni del XX sec., con episodi della vita di san Martino. Monteviasco è noto per essere l’unico paese di Lombardia che, seppure sede comunale, non è servito da strada carrozzabile. L’abitato, sino agli ultimi decenni del XX sec., era raggiungibile infatti solo attraverso un’erta salita di otre mille gradini. Oggi i collegamenti sono resi più agevoli da una funivia.
XIII – La prima documentazione sulla chiesa di Monteviasco è di tarda età medievale e risale agli esordi del XIV sec. (elenco di luoghi di culto diocesani noto come ‘Liber Notitiae Sanctorum Mediolani’). L’attuale edificio, tuttavia, non conserva traccia delle prime fasi edilizie.
1818 – Dopo un consistente, ma non documentato rimaneggiamento operato nel XVIII sec., anche a seguito dell’elevazione a rango di parrocchia (1683), la chiesa fu trasformata nelle forme attuali tra il 1818 e il 1819, come sembra di poter concludere da un’iscrizione graffita nell’intonaco che campeggia in alto, a lato della facciata, introdotta con “D.O.M. / MDCCCXVIII” e conclusa con “1819”.
1840 – Nel 1840 fu costruita la cappella laterale verso valle dedicata alla Madonna del Rosario. L’iniziativa fu promossa dal governo austriaco e prevedeva di dirottare sull’opera una somma di denaro di provenienza, nientemeno, che regale, devoluta per venire incontro alla disastrata economia montana.
XX – L’interno della chiesa fu interamente decorato da Angelo Cantù, con medaglioni, evangelisti ed episodi della vita di S. Martino nel presbiterio. I lavori furono patrocinati dal parroco Federico Riva, a cui è dedicata una lapide con ritratto in bronzo sotto il portico della chiesa che fu restaurato, come recita una seconda iscrizione, nel 1919, a conclusione della campagna di rivisitazione del tempio.