Itinerario

VIA DEGLI ABATI

ROBBIO

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In passato la direttrice Pavia – Val Tidone – Penice – Bobbio – Val Nure – Borgotaro – passo del Brattello diventò per un certo periodo una buona alternativa al percorso della Via Francigena di Fidenza e di Montebardone, superando il passo della Cisa.

Riscoperta nel 2000 con il nome di Via degli Abati, questa direttrice, non particolarmente agevole per la sua variegata altimetria, è entrata nel novero dei cammini.

È una alternativa alla Francigena nel viaggio verso Roma ed è un’opportunità di riscoprire un angolo della Lombardia solitamente poco frequentato dagli escursionisti e, tanto meno, dai pellegrini.

Sul tracciato esistono luoghi di accoglienza e anche proposte di viaggio organizzato.

Il tracciato è ben segnalato con il classico bicolore CAI, bianco/rosso.

Il tratto lombardo, di 60.9 km, parte dunque da Pavia e dopo aver attraversato il Po, avvicina e risale le vallate dell’Oltrepò per poi contornare l’alta Val Tidone in direzione del valico di Monte Penice, nei pressi del quale si entra in territorio emiliano.

Si noti, di sfuggita, che dall’Unità d’Italia e fino al 1923 tutto il bacino dell’Alta Val Trebbia con Bobbio era compreso nella Lombardia.

Il cammino in Lombardia è suddiviso in tre tappe, per un tempo di percorrenza di circa 15 ore.

Il primo tratto fino a Broni è completamente pianeggiante, poi, per arrivare al Penice, si fa più impegnativo con una salita graduale e qualche saliscendi.

Il tratto lombardo del cammino termina al Monte Penice, ma è indubbio che la meta ultima, sia pure non in Lombardia, è  Bobbio, centro di cultura e di spiritualità di grande rilevanza.

Si cammina su strade provinciali e comunali asfaltate e su strade campestri. Si richiede prudenza nell’attraversamento pedonale del ponte della Becca a causa del restringimento della carreggiata.

Itinerario

Scopri le tappe di VIA DEGLI ABATI

TAPPA 1 Pavia - Colombarone, 25,3 km

TAPPA 1 Pavia - Colombarone, 25,3 km

Il cammino inizia da Pavia seguendo la direzione della Via Francigena, dove si incontra la chiesa romanica di S. Lazzaro dei Pellegrini, alla periferia est della città.   Lungo i sentieri, all’interno dei boschi del Parco del Ticino, si giunge al Ponte della Becca, grandiosa struttura reticolare in ferro realizzata nel 1912 alla confluenza del fiume Ticino nel Po. Il ponte, della lunghezza di oltre un chilometro, fa accedere al territorio oltrepadano e alle sue colline intessute di vigneti.   Broni è l’ultimo centro in pianura: la cittadina è imperniata sulla romana Via Emilia Scauri, aperta nel 109 a. C. e convertita nel Medioevo in Via Romea. Da vedere la Collegiata, iniziata nel 1547 e conclusa con la cupola nel 1885, con interni di impronta barocca e che custodisce un’arca lignea con le spoglie del patrono S. Contardo che qui morì mentre era pellegrino verso Santiago.   Il percorso sale, su erte stradine, la costa collinare di Canneto Pavese in una ‘full immersion’ nel paesaggio del vigneto, tipico di queste colline. Si producono tre vini rari e pregiati: Barbacarlo, Buttafuoco, Sangue di Giuda. Oggi i circa 14 mila ettari a vigneto dell’Oltrepò costituiscono circa la metà di tutta la superficie vinicola della Lombardia. Infine ci si attesta sul crinale spartiacque fra la Valle Scuropasso (a destra) e la Valle Versa (a sinistra), chiudendo la prima tappa nella piccola località di Colombarone.

TAPPA 2 Colombarone - Pometo, 16,2 km

TAPPA 2 Colombarone - Pometo, 16,2 km

Il crinale è battuto da una strada asfaltata, detta ‘dell’Acqua Calda’, la cui assenza di traffico agevola il cammino dei viandanti. Frequenti gli abitati che formano nella loro contiguità una sorta di collana: RocchettaCastana (da notare il castello, ricordato nel 974 e trasformato in residenza nel ‘700), Casa BarbieriS. NazzaroCellaSpagna.   Si tratta di insediamenti sui crinali o nelle vicinanze dove, in passato, si arroccavano i Malaspina, i Beccaria e i Dal Verme, signori della zona, per controllare da torri e castelli l’andirivieni dei mercanti e dei più o meno tollerati contrabbandieri di sale fra Genova e Milano.   Il percorso si mantiene a lungo a un’altezza compresa fra 250 e 350 metri dispensando larghe vedute panoramiche dalla pianura alla ancor lontana meta del crinale di Monte Penice, identificabile dalle antenne di teletrasmissione.   Da questa altezza si delinea la composizione geologica del territorio: in prevalenza argille scagliose e calcari marnosi. Gradatamente il vigneto lascia spazio ai seminativi e al bosco ceduo. Non di rado si avvertono i segni del dissesto idrogeologico che affligge l’Oltrepò con frane e smottamenti del terreno.   Un nuovo balzo in salita, dopo l’ameno colle di Canevino, porta infine a Pometo (alt. 526), secondo luogo tappa del viaggio.

TAPPA 3 Pometo - Grazzi - Passo del Penice, 19,4 km

TAPPA 3 Pometo - Grazzi - Passo del Penice, 19,4 km

Pometo è un cardine del sistema orografico dell’Oltrepò Pavese: proseguendo verso sud si arriva con una lunga discesa, su strada provinciale, al bacino del Torrente Tidone e, in particolare, al borgo piacentino di Caminata dove è utile far provviste.   Solcata la Val Tidone si riprende la ‘via dei monti’ attraverso borgate e isolati casali quasi spopolati ai margini o all’interno di fitte boscaglie. Si cammina sul crinale che separa la Val Tidone (a destra) da quella del Tidoncello (a sinistra) a una quota ormai prossima agli 800 metri.   Il crinale fa anche da confine fra Lombardia ed Emilia e, dopo l’abitato di Praticchia, ci si avvicina al Giardino Alpino di Pietra Corva, alle falde della cima omonima, potente cuspide di serpentino all’interno di un ‘Sito di interesse comunitario’ (SIC). Contornato da una rigogliosa faggeta, il giardino ospita, ben acclimatate, specie floreali delle più svariate provenienze.   Il sentiero non raggiunge il passo del Penice, a 1149 metri d’altezza, e neppure il sottostante Ospedaletto, sorto come asilo per i pellegrini che si recavano all’Abbazia di Bobbio, bensì divalla a quota 1026 presso Il Groppo e scende infine a Bobbio.   Dopo Grazzi, proseguendo verso Bobbio, si suggerisce la deviazione al Pian Perduto, dove sulla vetta si incontra un’opera enigmatica, ancora indatabile, bollata dal toponimo come di nessuna utilità (appunto pan perduto, mangiato per nulla). Uno scavo ellittico che riconduce a un’opera non difensiva, ma collegata probabilmente alla lettura della volta celeste.

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