Nel Medioevo numerose strade attraversavano l’Appennino, strade di pietra, che non richiedevano particolare manutenzione ma si adattavano, di volta in volta, alle frane, alle alluvioni, alle chiusure imposte da qualche rude feudatario, alle epidemie o alle guerre.
Erano strade senza nome e senza segnavia. Si conoscevano e si camminavano.
Un’antica via – la Via degli Abati – univa, nell’Appennino, Pavia con Bobbio, due centri religiosi importanti. Il primo capitale del Regno longobardo con basiliche e monasteri dove furono incoronati re-guerrieri, il secondo punto d’irradiazione evangelica fin dall’anno 614 con l’arrivo del monaco irlandese Colombano.
Il legame fra Pavia e Bobbio fu beneficiato dal re longobardo Agilulfo, convinto a proteggere con le armi e con la fede quel remoto angolo d’Appennino. O piuttosto a conservare una sicura via di comunicazione verso il centro e il sud della penisola.
Bobbio rappresentava, per il suo richiamo spirituale, una tappa obbligata per chi si accingesse a valicare l’Appennino.
La Via degli Abati, sulla direttrice Pavia – Val Tidone – Penice – Bobbio – Val Nure – Borgotaro – passo del Brattello diventò per un certo periodo una buona alternativa alla ‘classica’ direttrice della Via Francigena di Fidenza e di Montebardone (passo della Cisa).
Nel 929 questa via fu utilizzata dai monaci di Bobbio nel trasferimento delle reliquie di Colombano a Pavia per rivendicare di fronte al re Ugo di Provenza dei beni bobbiensi, usurpati dal vescovo di Piacenza.
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In passato la direttrice Pavia – Val Tidone – Penice – Bobbio – Val Nure – Borgotaro – passo del Brattello diventò per un certo periodo una buona alternativa al percorso della Via Francigena di Fidenza e di Montebardone, superando il passo della Cisa.
Riscoperta nel 2000 con il nome di Via degli Abati, questa direttrice, non particolarmente agevole per la sua variegata altimetria, è entrata nel novero dei cammini.
È una alternativa alla Francigena nel viaggio verso Roma ed è un’opportunità di riscoprire un angolo della Lombardia solitamente poco frequentato dagli escursionisti e, tanto meno, dai pellegrini.
Sul tracciato esistono luoghi di accoglienza e anche proposte di viaggio organizzato.
Il tracciato è ben segnalato con il classico bicolore CAI, bianco/rosso.
Il tratto lombardo, di 60.9 km, parte dunque da Pavia e dopo aver attraversato il Po, avvicina e risale le vallate dell’Oltrepò per poi contornare l’alta Val Tidone in direzione del valico di Monte Penice, nei pressi del quale si entra in territorio emiliano.
Si noti, di sfuggita, che dall’Unità d’Italia e fino al 1923 tutto il bacino dell’Alta Val Trebbia con Bobbio era compreso nella Lombardia.
Il cammino in Lombardia è suddiviso in tre tappe, per un tempo di percorrenza di circa 15 ore.
Il primo tratto fino a Broni è completamente pianeggiante, poi, per arrivare al Penice, si fa più impegnativo con una salita graduale e qualche saliscendi.
Il tratto lombardo del cammino termina al Monte Penice, ma è indubbio che la meta ultima, sia pure non in Lombardia, è Bobbio, centro di cultura e di spiritualità di grande rilevanza.
Si cammina su strade provinciali e comunali asfaltate e su strade campestri. Si richiede prudenza nell’attraversamento pedonale del ponte della Becca a causa del restringimento della carreggiata.
Itinerario
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