Il Battistero di San Giovanni costituisce, insieme alla Basilica di San Vittore e alla torre campanaria del “Bernascone”, il cuore religioso di Varese.
Sorge in pieno centro storico e nell’area che attualmente occupata sono state rinvenute le tracce archeologiche dei più antichi insediamenti umani della città; negli scavi terminati nel 2000, condotti sul lato sud del Battistero, si sono trovate tracce di un insediamento della prima età del ferro (IX – X sec. a.C.) da cui si passa direttamente all’età altomedievale (VI-VII sec. d.C. – resti di un edificio ligneo).
La mancanza di testimonianze dell’età gallica e romana è dovuta forse alla poca abitabilità del luogo che si presentava paludoso.
I primi edifici in muratura di cui si è conservata traccia risalgono al VII-VIII sec. d.C.: tra essi il primo impianto del battistero, di pianta poligonale e un edificio a sud dello stesso.
La costruzione di un battistero – e probabilmente di un primo edificio della chiesa di S. Vittore – è indizio di una diffusione del cristianesimo nella zona che la tradizione lega al volere della regina Teodolinda e al marito Agilulfo.
Del IX e X sec. sono le tracce di un nuovo edificio di uso incerto, di nuovi muri perimetrali per il Battistero e le più antiche sepolture trovate nell’area, che da allora fu utilizzata come cimitero; nell’XI sec. troviamo finalmente anche le testimonianze documentarie dell’esistenza della chiesa di S. Vittore e del Battistero (pergamene dell’Archivio Prepositurale di San Vittore), cuore della pieve di Varese.
Chi visita oggi il battistero trova un edificio a pianta quadrangolare con al centro una vasca battesimale scavata nel pavimento, di forma ottagonale, sopra la quale si eleva un’altra vasca monolitica, ad altezza d’uomo, pure di forma ottagonale, al cui interno è stato infine collocato un piccolo fonte a forma di acquasantiera.
Tale situazione è l’esito finale di una lunga evoluzione, che permette in maniera chiara e sintetica di ripercorrere praticamente la storia stessa del rito del battesimo così come nella liturgia si è venuto configurando e sviluppando.
Le otto facce, alcune incompiute, del fonte presentano rilievi raffiguranti il Battesimo di Cristo e gli Apostoli.
Nella zona del presbiterio si concentra una serie di affreschi (più di una trentina) assai eterogenei per stile, qualità e cronologia, frutto di un’accumulazione progressiva – spesso una vera e propria sovrapposizione – e privi di un progetto unitario, che coprono nel loro insieme i decenni che vanno dal 1320 circa all’inizio del Quattrocento. Tra i dipinti più antichi è una Madonna del latte sulla parete sinistra del presbiterio, databile al 1320 circa.
Allo stesso maestro appartengono probabilmente il San Leonardo sulla stessa parete, alcune figure di Santi ed una sciupata Madonna in trono affiorati alla fine degli anni Quaranta del Novecento nella tribuna.
Un successivo, cospicuo nucleo di affreschi fa capo al cosiddetto Maestro della Tomba Fissiraga, legato al celebre dipinto votivo del S. Francesco di Lodi.
In parte già assegnati all’anonimo frescante di Lodi dal Toesca (1912), in parte invece ricuperati durante i restauri degli anni 1948-50 gli affreschi, collocabili intorno al 1325, manifestano la corposa e aneddotica parlata lombarda del maestro, fatta di attente notazioni di costume e acuta resa dei dettagli ma anche di figure di robusta plasticità ed espressività.
Nella drammatica Crocifissione dell’arcone trionfale la critica ha creduto inoltre di scorgere, per l’esasperata caratterizzazione dei volti e dei gesti e per l’insistita trattazione chiaroscurale delle forme, qualche suggestione del giottismo bolognese, peraltro non nuova nella coeva pittura lombarda (S. Eustorgio a Milano, volta della cappella Visconti; monastero Matris Domini a Bergamo).
Il grosso degli affreschi rimanenti, di cronologia molto diversa, può essere collocato nel filone di una tradizione locale che ripropone stancamente formule e modelli di ampia circolazione.