La chiesa è ad impianto ottagonale con orientamento nord-est con un corpo quadrangolare a due piani addossato alla zona absidale. Esternamente i prospetti si presentano ripartiti da paraste angolari di ordine ionico che incorniciano – con la trabeazione perimetrale – un motivo a serliana realizzato da colonne e paraste, anch’esse ioniche, annegate parzialmente nella muratura di tamponamento. Al di sopra, arretrato dal primo livello di falda, si sviluppa il tiburio caratterizzato da paraste angolari e oculi vetrati su ciascun prospetto. L’ultimo livello è quello del cupolino sommitale in chiave alla cupola, anch’esso con aperture circolari, ma inserite in cornici quadrangolari. Internamente, superata la bussola lignea d’ingresso sopra la quale si trova l’organo, otto pilastri reggono un tiburio con cupola a creste e a vele molto rialzate, circondate da un deambulatorio un tempo porticato sorretto da altri otto pilastri uniti da leggere serliane ioniche attualmente tamponate. Sotto l’arcata in asse con l’ingresso, è presente una mensa lignea alle cui spalle è conservato – arretrato contro il muro perimetrale – l’altare maggiore. La pala dell’altare maggiore è una tela raffigurante San Carlo che visita gli appestati.
1488 – In origine la chiesa dedicata a Santa Maria della Sanità, apparteneva al complesso del Lazzaretto, realizzato sulla originaria proposta del 1468 di Lazzaro Cairati a partire dal 1488 e ispirato nei caratteri stilistici all’ospedale maggiore. La cappella provvisoria era un piccolo edificio a pianta quadrata.
1576 – La gravità dell’epidemia del 1576 rese l’edificio del tutto insufficiente e nel 1580 Carlo Borromeo incaricò Pellegrino Tibaldi per la progettazione di un nuovo edificio ecclesiastico al centro del complesso.
1581 – La costruzione della chiesa, iniziata immediatamente, fu sospesa nel 1581. I lavori furono ripresi solo negli anni 1589-90 e si concluse sette anni dopo. Assente il Pellegrini, impegnato come pittore all’Escorial, fu chiamato Giuseppe Meda per definire il disegno delle volte del portico, a vele su campi quadrati delimitati da trapezi, e la modifica dei pilastri.
1797 – La cappella e il Lazzaretto continuarono ad assolvere la loro funzione fino al 1797 quando, con l’arrivo dei francesi, il complesso architettonico venne trasformato in Campo della Confederazione. In quell’occasione fu demolita la cupola del tempietto per collocarvi una grande fiamma simbolo dell’amore di patria su progetto del Piermarini.
1797 – Negli anni l’intero complesso fu impiegato per svariati utilizzi: alloggio delle truppe, abitazioni private e ne furono tamponate le arcate; fino alla decisione della demolizione della struttura del Lazzaretto avvenuta nel 1881.
1883 – Il tempietto dedicato a S. Gregorio fu risparmiato dalla demolizione e nel 1883 fu acquistato dalla parrocchia di Santa Francesca romana. L’anno successivo fu restaurato dall’ing. Luigi Robecchi, con la modifica della tamponatura delle arcate, l’aggiunta di un corpo per la sagrestia e di un cupolino. Il 31 ottobre fu benedetta dall’arcivescovo mons. Luigi Calabiana e il 4 novembre fu aperta al culto con il titolo di San Carlo.
1910 – La chiesa fu decorata internamente e a più riprese negli anni successivi completata con elementi decorativi ed arredi.
1938 – Interventi di ristrutturazione e completamento degli interni: rifacimento della pavimentazione, inserimento della via Crucis in rame sbalzato, rifacimento serramenti e vetrate.
1952 – Furono intrapresi ulteriori interventi di completamento degli interni: vennero inserite le balaustre lapidee davanti agli altari laterali nonché le decorazioni a mosaico intorno alle rispettive pale.
1979 – Progetto per il nuovo altare a cura dello scultore Antonio Musella.
1984 – Rifacimento delle coperture.
2011 – Intervento di consolidamento strutturale della chiesa e restauro conservativo delle superfici interne ed esterne. L’intervento ha previsto anche la revisione dell’impianto di illuminazione e riscaldamento presenti nel deambulatorio e la contestuale realizzazione di un vespaio perimetrale alla chiesa a cura dell’ing. Ferrari Da Grado e arch. Ettore Bergamasco.