Santuario di Santa Maria dei Miracoli e San Celso (Milano)

Diocesi di Milano - Chiesa sussidiaria - Lombardia

Milano - Corso Italia 37 - MI - 20100

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  • 1435 ‐ 1439: Presso l’antica chiesa di San Celso esisteva un tabernacolo costruito per preservare una vetusta immagine, che la tradizione popolare attribuiva al volere di sant’Ambrogio, e perciò detta Madonna di Sant’Ambrogio. Nel 1429 l’immagine fu protagonista di eventi miracolosi, tanto da spingere, l’anno successivo, Filippo Maria Visconti a costruire una cappella per custodirla. Nel 1435 fu emanato il decreto ducale e nel 1439, a chiesa terminata, lo stesso duca istituì l’ultima di ben cinque cappellanie. Luciano Patetta ipotizza che questo primo edificio corrispondesse, di fatto, al tracciato poligonale dell’abside rispettato nella successiva ricostruzione e che l’effige miracolosa sia ancora oggi nella posizione originaria.
  • 1439 ‐ 1484: Questo primo tempio, con andamento parallelo alla vicina basilica di San Celso e orientamento canonico, fu ampliato e arricchito nel corso dei decenni, sino a poter ospitare nel 1485 300 persone circa. L’interessamento ducale al luogo sacro, intanto, si dimostrò costante.
  • 1490 ‐ 1491: Secondo la cronaca di fra’ Paolo Morigia, il 30 dicembre 1485 alcuni fedeli, riuniti in preghiera davanti all’antica effige miracolosa, videro la Madonna alzare il velo che copriva la propria immagine dipinta. L’evento miracoloso fu subito collegato alla scomparsa della pestilenza che affliggeva in quei mesi la città. L’anno successivo le autorità ecclesiastiche riconobbero ufficialmente il miracolo e si decise di ricostruire sul luogo un santuario i cui lavori iniziarono tra il 1490 e il 1491. Rispetto alle intenzioni, tuttavia, in un primo momento ci si sarebbe limitati a intervenire sull’abside della cappella già esistente. Fu richiamato il Dolcebuono, che, nel frattempo, avrebbe fatto comunque in tempo a gettare le fondamenta della cappella maggiore e della navata con cappelle laterali.
  • 1493: Solo nel 1493, tuttavia, furono vagliati differenti piani per dar forma a un tempio nuovo. Ben tre gli ingegneri chiamati in causa: certamente Dolcebuono, forse Bramante ed infine o Lazzaro Palazzi o Cristoforo Solari. Nel marzo di quell’anno si scelse per il progetto più vasto che portò alla demolizione dell’esistente e alla costruzione di un edificio a pianta longitudinale: abside poligonale, cappella maggiore con tiburio e due cappelle laterali corrispondono al nucleo ancora oggi ben riconoscibile del tempio, così come il tracciato della navata sino al limite della facciata attuale; scomparse, invece, le cappelle laterali, precedentemente previste unicamente sul solo fianco nord.
  • 1493 ‐ 1494: Il progetto prescelto presentava inedite soluzioni per Milano (in primis le cappelle laterali). Lo stesso Dolcebuono, al quale per si attribuisce in definitiva il disegno allora in cantiere, diresse le opere sino al 1493, per essere sostituito prima da Cristoforo Solari, poi da Giovanni Antonio Amadeo, nel 1494. Nel frattempo continuava la selezione delle proposte in ogni minimo dettaglio. In ogni caso, nel 1494 la chiesa doveva essere stata innalzata sino all’imposta delle coperture, volte e tiburio escluso
  • 1497 ‐ 1499: Nel 1498 il Dolcebuono fu incaricato del “modellum” della lanterna del tiburio. Nel 1499 si era giunti alle finiture, con fregi, pinnacoli, torrini e ghirlande. Navata e abside erano coperte con tre crociere, poi demolite.
  • 1504 ‐ 1513: Tra il 1504 e il 1505 erano in corso le opere per la fondazione del quadriportico davanti alla basilica, dopo aver sgombrato l’area da alcune costruzioni. L’impianto è riferito a Cristoforo Lombardo (o Cristoforo Solari), incaricato del “modellum” del “claustrum” in base al quale erano state avviate le demolizioni; tuttavia, nel 1513, venne incaricato Cesare Cesariano di un nuovo disegno per il quadriportico, accendendo una disputa attributiva ancora oggi non conclusa.
  • 1513  ‐ 1535 : Il previsto quadriportico era coerente con un piano di riforma generale del tempo che prevedeva l’aggiunta di due navate laterali, la creazione di un deambulatorio attorno al perimetro del coro esistente, l’apertura delle arcate nel muro del medesimo coro per dare continuità alle due gallerie e il rifacimento integrale delle volte a botte, con conseguente ridefinizione degli elementi di supporto, come archi, paraste e trabeazione. Il disegno di questa sostanziale riorganizzazione della chiesa è attribuito per consolidata tradizione a Cristoforo Lombardo sulla scorta della testimonianza del Vasari.
  • 1514 ‐ 1555: Recenti studi attribuiscono a Bernardo Zenale la responsabilità, se non altro, della traduzione effettiva del nuovo progetto in realtà. Cristoforo Lombardo ricompare nei registri di cantiere tra il 1545 e il 1555. Complessivamente gli si attribuisce anche il rivestimento interno della chiesa, l’impianto della controfacciata e i portali d’accesso del quadriportico.
  • 1556 ‐ 1563: A partire dal 1556, Vincenzo Seregni fu chiamato al completamento della fabbrica, con interventi documentati nella tribuna centrale e nelle cappellette nei capocroce. Lo stesso fu incaricato di affrontare il tema della facciata incompiuta. Proprio all’intervento di Vincenzo Seregni si deve il rivestimento marmoreo delle facciate interne del quadriportico, evidente applicazione posticcia rispetto all’impianto originario.
  • 1563 ‐ 1569: Il problema della facciata fu risolto solo dal 1563 con incarico per il disegno e la direzione lavori affidati a Galeazzo Alessi. L’architetto, al al quale si deve pure l’impostazione dell’altare maggiore rivestito di marmi intarsiati e pietre dure, lasciò Milano nel 1569 quando l’opera era stata realizzata solo fino al primo ordine.
  • 1569 ‐ 1597: Ampie variazioni all’idea del prospetto parzialmente messa in opera dall’Alessi sono dovute ai successivi architetti chiamati alla direzione dei lavori, in particolare Martino Bassi, che la portò a quasi compimento entro il 1591, anno della sua morte. Lo stesso produsse anche il disegno del monumentale altare laterale (1583) destinato a proteggere l’immagine sacra che era stata all’origine della fortuna del luogo sacro. Dopo il 1591, il cantiere della facciata fu affidato a Giuseppe Meda (1592), Ercole Turati (1592-95) e Dionigi Campazzo (1595-97).
  • 1792 ‐ 1795: Tra 1792 e 1795 Andrea Appiani affrescò la cupola del santuario.
  • 2005 ‐ 2016: Tra 2005 e 2016 l’intero complesso fu sottoposto a una campagna di restauro conservativo, con esclusione solamente di alcuni settori del retrocoro. Durante i medesimi lavori, l’area presbiteriale fu sottoposta ad adeguamento.
  • 2016 ‐ 2019: Successivi lotti di restauro conservativo furono avviati entro il 2019 e interessarono in particolare le cappelle del retrocoro e le porte della facciata del santuario.

Cosa vedere

Scopri le opere presenti presso Santuario di Santa Maria dei Miracoli e San Celso (Milano)

L’Atrio

L’Atrio

Il progetto originario fu di Cristoforo Solari, quello definitivo bramantesco è di Cesare Cesariano, discepolo del Bramante.
Martino Bassi, per intonare la parte prospiciente il cortiletto interno con la ricchissima facciata in marmo, sovrappose al cotto primitivo, basamenti e semicolonne in marmo con capitelli in bronzo.
Questo ha rovinato non poco la bellezza semplice e spirituale del primitivo cotto, ma è stato certo molto utile come introduzione alla grandiosa facciata marmorea.
A sinistra, sotto il porticato, un bel tondo in marmo rappresenta in scultura la Madonna del miracolo e a destra un pozzo, di gentili forme classiche, non fa solo da ornato, ma assicura l’acqua che non manca mai per i pellegrini ai Santuari della Madonna.

La Facciata

La Facciata

Il progetto originario è di Galeazzo Alessi, artista perugino molto ricercato in quel secolo. Martino Bassi ha ritoccato il primo progetto, specialmente nella parte superiore. È divisa in cinque ordini: Primo ordine
A piano terra, ha cinque porte. Quella in mezzo è la più solenne: quattro colonne in macchia vecchia, sormontate da capitelli corinzi in bronzo, di Annibale Fontana, danno solennità e risalto all’ingresso principale. Sulle due porte laterali bellissimi festoni in bronzo, pure del Fontana. Dello stesso scultore sono le due Sibille, adagiate sul timpano spezzato. A sinistra la statua di Adamo e a destra quella di Eva con a fianco il tentatore. Ambedue sono di Stoldo Lorenzi, scultore toscano di grande finezza, il quale ha, col Fontana, lavorato molto, e non in modo inferiore, per il Santuario. La statua di Adamo è una copia molto fedele all’originale, fatta in principio di questo secolo. L’originale, molto deteriorato, è riparato nel museo del Castello Sforzesco. Secondo ordine
Al centro l’Annunciazione dell’Angelo alla Madonna di Stoldo Lorenzi. In mezzo, in bassorilievo di marmo, la Nascita di Gesù, una delle opere migliori del Fontana. Da sinistra a destra, sempre in bassorilievo, la Presentazione al Tempio, di Lorenzi e l’Adorazione dei Magi, di Fontana. Ai lati le statue dei due profeti Isaia e Zaccaria, ambedue del Fontana. Terzo ordine
Tre finestre danno luce all’interno. La centrale, più ampia, è ornata da cariatidi ed è chiusa da una vetrata istoriata, con l’Assunzione della Madonna; rifatta dopo la guerra, al posto della primitiva distrutta dai bombardamenti dell’agosto 1943. Le statue sono del profeta Geremia a sinistra (Fontana), a destra del profeta Ezechiele (Lorenzi). Quarto ordine
Quattro bassorilievi, da sinistra a destra: Visita di Maria a S. Elisabetta (Giulio Cesare Procaccini), Fuga in Egitto (Lorenzi), Nozze di Cana (Fontana), Natività (G. C. Procaccini). Timpano
È la parte più ritoccata da Martino Bassi, sul progetto dell’Alessi. Al centro la scena tradizionale del sepolcro vuoto di Maria, con attorno gli Apostoli. È di Milano Vimercati. L’Assunta del fastigio è del Fontana, ma è una copia fedele. L’originale è in chiesa, nel retrocoro, per ripararne la bellezza dagli elementi naturali.
Dei 4 angeli, due sono del Fontana, uno di Milano Vimercati e il quarto iniziato dal Fontana, fu terminato dal Vimercati per la morte dello scultore (1587).

L’Interno del Santuario

L’Interno del Santuario

L’interno è di stile rinascimentale, a croce latina, a tre navate, le due laterali si incontrano nel retrocoro. L’architettura interna è di Galeazzo Alessi, l’esterna del Dolcebono per la navata centrale; per le laterali è di Cesare Cesariano. I rivestimenti in marmo sono di Alessi.
Gli stucchi della navata centrale sono di Cristoforo dei Lombardi. Il pavimento è di Martino Bassi, meraviglia d’arte e ricchezza unica, che tocca il vertice sotto la cupola.
Nelle navate laterali l’ornato delle volte è barocco. Stucchi e affreschi sono del Cerano, di G. C. Procaccini, dei fratelli Fiamminghini. Da sinistra
1a Cappella: Madonna tra i Santi, del Bergognone (1450-1522). Stucchi e affreschi del Cerano. 2a Cappella: Madonna tra i Santi Nazzaro e Celso. Affresco del XIV secolo, trasportato qui dalla chiesetta preesistente, chiamata di S. Nazzaro in campo.
La Madonna è molto venerata sotto il titolo di «Madonna delle Lacrime». Il miracolo del pianto è avvenuto il 13 e 14 luglio 1620. 3a Cappella: Martirio di Santa Caterina di Alessandria, del Cerano (1557c.-1632c.). Affreschi dei fratelli Della Rovere, detti i Fiamminghini. 4a Cappella: La Pietà di Giulio Cesare Procaccini. (1570c.-1625). Sacristia: Lavabo di Bernardo Palanchino. Sopra, due tele: Annunciazione e Visitazione di Camillo Procaccini (sembra errata l’attribuzione al Cerano). Sacristia detta del “Tesoro”: Mobili in noce a intaglio, di G. B. Mangone. L’Assunta coi cherubini e le statue dei 12 apostoli sono di Giovanni Taurini.
Di fronte alla porta: Fuga in Egitto di Raffaello, copia dello Knoller; l’originale è a Vienna, portatovi perordine di Giuseppe II. Sopra la porta: Le due Mamme, copia. L’originale di Leonardo e Salaino è a Parigi, per volontà del Vicerè Eugenio Beauharnais. 5a Cappella: Sarcofago del IV secolo. Contenne le Reliquie di S. Celso, ivi poste da Sant’Ambrogio e conservate nella Basilica di S. Celso. Fu il Card. Schuster a traslare le reliquie dalla Basilica al Santuario. 6a Cappella: Caduta di S. Paolo, tavola assai apprezzata del Moretto (1498c.-1554). Affreschi della volta attribuiti al Moretto. 7a Cappella: Affreschi di Bossius. 8a Cappella: S. Gerolamo nel deserto, tavola di Callisto Piazza (1562). Affreschi dello stesso pittore. 9a Cappella: Gesù domanda e riceve la benedizione di sua madre, prima della Passione, di Carlo Urbino da Crema (1550-1585?).
È chiamata la Madonna della benedizione e dell’addio. Una tradizione vorrebbe sia stato questo quadro a dar origine alla benedizione degli sposi, dopo il matrimonio, così che il Santuario è chiamato la chiesa degli sposi.
Questa Madonna è chiamata anche dei Missionari perché davanti a Lei si sono inginocchiati, per l’ultima benedizione in patria della Madre celeste, centinaia di Missionari e Suore, prima di partire per le terre di evangelizzazione. 10a Cappella: Il Battesimo di Gesù di Gaudenzio Ferrari (1470-1546), unica opera, ma assai pregevole, dell’insigne pittore, in possesso del Santuario. Di fronte la statua originale dell’Assunta, di Fontana, già sul fastigio della facciata ora sostituita con una copia. 11a Cappella: Assunzione di Carlo Urbino. 12a Cappella: S. Renato Vescovo di Torino (415- 60) pure di Carlo Urbino. 13a Cappella: Affreschi di Bossius. 14a Cappella: Resurrezione di Gesù, di Antonio Campi (1514-1587). 15a Cappella: al centro: Grandiosa tavola con S. Gerolamo che riceve il cappello cardinalizio dal Bambino Gesù presenti Maria e Giuseppe. In alto nella lunetta il Padre Eterno, appena sopra l’altare, S. Rocco, sulle pareti superiori affreschi. Tutto è opera di Paris Bordone (1500-1570), discepolo del Tiziano. Meravigliosa opera, unica di questo pittore in Santuario, ma di grande pregio artistico, tale da rappresentare la scuola veneta in tutti i suoi pregi. 16a Cappella: Martirio dei Santi Nazzaro e Celso, celebre tavola di Giulio Cesare Procaccini. Dello stesso pittore gli affreschi alle mura e alla volta. 17a Cappella: Il Crocifisso di S. Carlo, opera in legno il cui valore artistico è minimo, ma grande il valore storico e devozionale. Fu portato al Santuario da S. Carlo in persona, in una memorabile processione di penitenza, al tempo della peste che da lui prese nome. Gli affreschi delle volte sono dei Fiamminghini.
Sotto la mensa dell’altare, composto in un’urna di bronzo dorato, il corpo di S. Celso. Nel 1935 il Card. Il defonso Schuster lo tolse dal nascondimento del pur artistico sarcofago e lo volle visibile alla devozione dei fedeli. 18a Cappella: La famiglia della Madonna coi Santi Gioacchino e Anna, recentemente attribuito al “Legnanino”. Affreschi del Cerano. 19a Cappella: S. Caterina da Siena bacia il costato di Gesù, di Melchiorre Gherardini. Affreschi e stucchi del Cerano.

La Cupola

La Cupola

A destra del Presbiterio, si trova statua di S. Giovanni Evangelista, una delle ultime e migliori opere di A. Fontana (1540-1587). Ed è sotto questo santo e davanti al suo capolavoro, l’Assunta, che l’artista volle essere sepolto. Sotto la statua l’epigrafe latina insiste sulla spiritualità ch’egli seppe dare al marmo freddo. In Santuario è sepolto anche G. B. Crespi, il Cerano, e precisamente sotto l’arcata e il lampadario cristallo a sinistra dell’altare dell’Assunta, purtroppo però senza un’epigrafe.
A destra della statua di S. Giovanni il profeta Elia e di fronte Giovanni Battista ambedue di Stoldo Lorenzi. Di lui sono anche il Mosè e il Davide a destra e sinistra della cassa dell’organo sopra il portone d’ingresso. Più in alto quattro bassorilievi di Lorenzi: a sinistra (sopra l’altare della Madonna) Presentazione al Tempio e Nascita della Madonna. A destra (di fronte all’altare):
Sposalizio della Vergine e Visitazione. I capitelli in bronzo, sopra i piloni che sostengono la cupola, sono del Fontana. E da ultimo uno sguardo generale alla cupola, del Dolcebono. Non è grandissima, ma di proporzioni molto eleganti. Il tamburo è di dodici lati e su questi si inseriscono i dodici spicchi che terminano nella lanterna finale del colmo. Lo stupendo tappeto in marmo intarsiato, il pavimento, sotto la cupola raggiunge il massimo di finezza e arte. È un succedersi di ricami su fondo di marmo di Candoglia, da cui spiccano nitidissimi i disegni in rosso veronese e in nero grand’antico.
Dopo sempre più complicate invenzioni in tutta la chiesa, il pavimento, qui sotto, ricama in terra gli spicchi in cui è divisa in alto la cupola, in tessere sempre più piccole, in un lavoro quasi di filigrana.

L’Altare della Madonna

L’Altare della Madonna

L’opera è di Martino Bassi, l’ultimo dei maggiori architetti che contribuirono, negli anni di S. Carlo, a portare a termine il Santuario. Tutto il complesso dell’altare fu portato a termine negli anni 1584-88.
È come un grande tabernacolo intorno alla nicchia centrale. Le colonne coperte in lamina d’argento, sono scanellate e portano capitelli in bronzo dorato. Reggono un doppio timpano triangolare, l’uno dentro l’altro. Sotto la mensa la Madonnina del miracolo (30 dicembre 1485). È il primo e più grande tesoro del Santuario, che è sorto per Lei. Oltre una grata di ferro c’è il famoso frammento del muro santambrosiano del IV secolo. La Madonna regge su un braccio il Bambino Gesù e lo guarda, chinando un poco il capo. Alcuni segni a graffito o pennello furono fatti in tempi diversi e successivi: l’ultima volta sembra nella seconda metà del secolo scorso e un piccolo intervento fu fatto anche negli anni sessanta; tutto questo è servito a far rivivere i contorni delle due figure, se non le forme dei due volti. Sulla mensa dell’altare (nascosta dal tabernacolo) una riproduzione, più che una copia, eseguita nel ’600. Il paliotto dell’altare è formato da due sportelli apribili, in argento sbalzato, a forte rilievo: Natività di Maria a sinistra, Dormizione a destra. Autore il Fontana, però il pannello della Nascita fu ultimato da Francesco Brambilla, per la morte dell’artista. L’Assunta è il capolavoro di Annibale Fontana; qui lo scultore ha toccato il sommo, perché solo un grande artista può ritrarre nel marmo un volto tanto celestiale. I due angeli che sostengono la corona, furono aggiunti più tardi da G. C. Procaccini. L’Assunta è posata su una base in bronzo, del Fontana, che fa da cornice anche a una lastra di diaspro rosso orientale, su cui è incastonata una Pietà in oro massiccio di G. B. Busca.
Il candelabro che porta la lampada è un’opera di squisita fattura, autore A. Fontana.
Questo è l’altare degli sposi. Qui lungo i secoli a migliaia si sono inginocchiati gli sposi in preghiera per l’offerta dei fiori e del loro amore. Purtroppo anche questa tradizione secolare milanese si va spegnendo.

L’Altare Maggiore

L’Altare Maggiore

All’apertura centrale delle balaustre uno splendido cancello in bronzo, di Fontana, a due battenti, ove in medaglioni ovali traforati, l’artista raffigurò la Vergine e l’Angelo dell’Annunciazione e tutto attorno un trionfo di fiori d’acanto, sempre su fondo traforato.
Il progetto dell’altare è di Carlo Garavaglia; fu terminato nel 1827. Domina il bel nero del Belgio, intarsiato sui gradini con marmi policromi. L’ornato del monumentale altare barocco è una meraviglia di arte e di ricchezza: marmi fra i più pregiati, pietre dure di ogni qualità e colore, bronzi parzialmente anche dorati.
Il tempietto circolare è di Luigi Canonica, la statua del Redentore di Camillo Pacetti, gli Angeli oranti ai lati, di Benedetto Cacciatori.
Sulla destra la cattedra di legno intagliato ad architetture e figure. Disegno di Giuseppe Meda, esecuzione di Giovanni Taurini. Solo nel 1881 fu aggiunto il mobile di sinistra, che tenta di imitare forme e particolari.

Il Coro

Il Coro

Disegno di Galeazzo Alessi, esecutori: prima Paolo Gazza, celebre ebanista di Milano, e, alla sua morte, Giovanni Taurini. Appare prevalente l’impostazione architettonica, con riferimenti anche alla facciata esterna: trabeazione generale, cornici, cariatidi, pannelli quasi fossero finestre, incorniciatura a ciascun stallo prevalgono sull’ornato, del resto molto ricco. Nei pannelli ad intarsio siamo a un punto artistico, difficilmente raggiungibile, per varietà, immaginazione e perfezione esecutiva.

La Basilica di S. Celso

La Basilica di S. Celso

Del tempio romanico-lombardo, costruito prima del 1000, ne rimane circa un terzo. Il resto fu demolito nel 1821 per dare luce al Santuario. L’abside interna è in cotto ed è molto vicina all’originale. Un fregio gentile, pure in cotto, terminante in piccole sculture, segna l’inizio del bel catino.
L’altare è la sovracassa di marmo che ha contenuto per secoli il sarcofago con le Reliquie di S. Celso, ora in Santuario, all’altare accanto alla sacristia. In antico era addossata al muro del coro e serviva come altare.
Dalla “fenestrella confessionis” si vedeva solo la scena centrale del sarcofago: Gesù con Pietro e Paolo e da questa apertura i fedeli introducevano per devozione pannolini e oggetti.
I pilastri che sostengono la volta sono originari e originari i capitelli, molto ornati, di forma classica romano-corinzia. La facciata fu ricostruita da Luigi Canonica nel 1854, dopo l’arretramento della chiesa. Si ispirò alla facciata a capanna, tipica di queste chiese. La nativa facciata era stata rovinata non poco con elementi, presi dallo stile barocco. Portale, rosone, architravi delle porte minori sono dell’antichissima facciata. Anzi per il portale alcuni pensano sia di una costruzione ancor più antica, basandosi sulla tecnica molto approssimativa. Sull’architrave del portale: scene della vita e leggenda dei SS. Nazzaro e Celso. Da sinistra: i due santi in attesa del martirio, la cattura, Nerone li aspetta per condannarli, S. Nazzaro prega e fa l’elemosina ai poveri, i santi vengono precipitati in mare dalla barca, i soldati pregano i due martiri.
L’affresco della lunetta, la Madonna tra i Santi Nazzaro e Celso, è del Cerano. Fu trasportato durante l’arretramento della facciata. I battenti sono del 1454, in legno intarsiato, divisi in tante formelle con motivi floreali che si ripetono.
Sulle prime formelle in alto a sinistra, S. Ambrogio tra i Santi Gervaso e Protaso; a destra, la Madonna tra i Santi Celso e Benedetto. Sulla sinistra della facciata, la lapide con la pianta del S. Celso primitivo, ricorda la ricostruzione della facciata e l’acquisto di tutto il complesso: chiesa, monastero, terreno, da parte del Santuario, dopo la soppressione napoleonica.
Sul muro di destra i segni delle arcate demolite. Nella prima è riportata una bifora della cupola del Dolcebono. Colonne e capitelli sono i pezzi originari, conservati dopo le riparazioni del secolo scorso. I capitelli sulle colonne esterne furono murati qui dopo la infausta demolizione.
Sul muro troviamo molte lapidi mortuarie, resi del cimitero cristiano, sorto intorno al luogo del martirio dei SS. Nazzaro e Celso. E dello stesso cimitero sono i tre sarcofaghi, uno completo di coperchio a capanna. Uno sguardo al campanile romanico, che nonostante i ritocchi subiti lungo i secoli, in sostanza, risale agli inizi del tempio.
La parte meglio conservata e certamente delle origini è l’abside esterna, visibile dal giardino retrostante. Gli speroni forti e sporgenti e le “bocche di forno” sono espedienti caratteristici dell’architettura del secolo X.

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