La chiesa di Sant’Anna sorge nella frazione omonima di Sesto Calende, una penisola bassa e verdeggiante protesa nelle acque del Lago Maggiore a nord dell’abitato principale. Oltre che sotto il profilo paesaggistico, l’area è di estremo interesse per il succedersi, nei secoli, di attività proto-industriali, prima, e industriali, poi. Denominata, nelle prime fonti disponibili, ‘Sant’Anna alle fornaci’, la chiesa riassume, nelle vicende e nell’aspetto attuale, i principali capitoli di questa storia: la presenza, per l’appunto, di una qualche fornace (almeno nel XVII sec.?), poi trasformata agli inizi del XIX sec. in una vetreria; quindi, dal 1915, l’insediamento di un opificio per la costruzione di idrovolanti e apparecchi di volo (S.I.A.I., Società Idrovolanti Alta Italia; dal Dopoguerra S.I.A.I. Marchetti; oggi dismesso), destinato a mutare i destini dell’intera Sesto Calende (soprattutto quando, avanti la Prima Guerra, vi trovavano lavoro ben 11.000 persone) e della storia dell’aviazione civile e militare italiana. Ben due esperimenti di volo, destinati a entrare nella retorica e nelle mitologia delle imprese italiane dell’epoca, furono compiuti con apparecchi prodotti dalla S.I.A.I ed ebbero come teatro il campo di volo nella località di Sant’Anna: nel 1920 Umberto Maddalena conquistò il primato per raid il più lungo con idrovolanti grazie alla trasvoltata tra Sant’Anna ed Helsinki; nel 1925 Francesco De Pinedo e il motorista Ernesto Campanelli volarono per 370 ore percorrendo 55.000 km tra Sant’Anna, Melbourne, Tokio e Roma. La chiesa di Sant’Anna, sino al 1967 di proprietà privata, si presenta oggi come frutto di due fasi costruttive. La più antica, seicentesca, è riconoscibile nella facciata a capanna, con portale trilitico, finestrone quadrato e un giro di semplici modanature lisce che percorrono gli angoli e incorniciano il frontone: un disegno che, seppur semplificato, ricorre anche nella chiesa di Sant’Eurosia a Cocquo, altra frazione di Sesto C., frutto di un cantiere seicentesco coevo. Sono scomparse le raffigurazioni affrescate che, fonti alla mano, avrebbero ornato il prospetto: un’Annunciazione (documentata nel 1665) e una Sant’Anna (documentata nel 1691). Forse attendono una riscoperta sotto l’intonaco steso durante recenti interventi (1987). L’interno è frutto di una radicale ricostruzione ottocentesca (sul campanile si legge la data del 1886) e si articola in un’unica navata, coperta con una volta a botte, e in un presbiterio preceduto da un arco trionfale a tutto sesto e sormontato da una cupola ribassata. Ai lati dell’altare due nicchie conservano le statue di S. Giuseppe (a sinistra) e dell’Immacolata (a destra). L’oratorio, tuttavia, deriva la sua peculiarità dall’essere diventato, a partire dagli Anni Trenta del Novecento, luogo di culto per la numerosa comunità di lavoratori del vicino cantiere aeronautico della S.I.A.I. Marchetti: due lapidi, all’ingresso, ricordano il “personale deceduto per incidente di volo” della ditta e i primi, “arditi avieri”. Le targhe furono rinnovate di recente dal “gruppo anziani S.I.A.I. Marchetti” (ultimo capitolo della ricca rete associazionistica nata a corollario del polo industriale), che ha anche arricchito le pareti della chiesa con una serie di riproduzioni fotografiche degli idrovolanti prodotti a Sesto C. e a fatto pendere, al centro dell’arco d’ingresso, l’elica di un apparecchio di volo che ancora accoglie i visitatori. Pochi, sopravvissuti ex voto fanno risalire a qualche decennio addietro (almeno alla fine del XIX sec.) la propensione e legare al luogo di culto il ringraziamento per scampati pericoli legati ai viaggi e agli incidenti sui luoghi di lavoro. Finita la parabola industriale, la località di Sant’Anna è oggi compresa nel perimetro di un parco (Parco Europa) destinato a coniugare valori di archeologia industriale (buona parte degli opifici è ancora ben leggibile), memoria storica e nuovi destini turistici legati al lago e alla cantieristica da diporto.
XVI – La chiesa è menzionata una prima volta nel 1552 come ‘S. Anna alla fornace’. Non sono noti dati dimensionali o descrittivi; dai pochi documenti si apprende solamnete che era considerata “di poco conto” (Franchini, 2007).
1665 – Nel 1665 tale Carlo Della Porta ottenne il permesso di ricostruire e di officiare il piccolo oratorio, già allora (e sino al 1967) di proprietà privata. I lavori furono, in qualche modo ingenti, anche e soprattutto sotto l’aspetto decorativo. Rimodellato l’invaso, fu innalzata la nuova facciata che è ancora quella attuale; al centro del prospetto fu dipinta un’Annunciazione (nel 1691 sostituita con una rappresentazione dedicata a sant’Anna). Nel presbiterio, s’immagina integralmente riconfigurato per l’occasione, trovarono invece posto alcuni cicli affrescati con i santi Pietro e Paolo e, sulla volta sopra l’altare, di Dio Padre.
1886 – Nel 1806, don Giuseppe Della Porta lasciò agli eredi l’onere di solennizzare ogni anno il giorno della titolare, indizio di una continuità plurisecolare nella titolarità del piccolo edificio sacro nelle mani della famiglia. La chiesa fu oggetto di numerosi interventi nel corso del XIX sec., tutti non documentati. La navata, in particolare, sarebbe stata ricostruita aumentandone le dimensioni sia in lunghezza (verso il presbiterio), sia in larghezza, come sembra di poter concludere confrontando il passo ristretto della facciata e della prima campata, corrispondente alla chiesa seicentesca, e quello dell’attuale aula fedeli. L’opera avrebbe comportato anche la riconfigurazione del presbiterio, con posa di un nuovo altare maggiore. I lavori andrebbero fissati agli ultimi decenni del secolo. Fornisce, forse, qualche appiglio la data del 1886 iscritta sul fusto della torre campanaria, certamente sopraelevata (se già esistente) in quell’anno.
1987 – La chiesa fu sottoposta a interventi di restauro nel 1987; in quell’occasione, certamente, fu steso un nuovo intonaco sulla facciata, furono rinnovati gli intonaci interni e posate nuove lapidi all’ingresso, in memoria del personale “personale deceduto per incidente di volo” della ditta S.I.A.I. Marchetti. Dagli Anni Trenta del Novecento, infatti, la chiesa era diventata luogo di culto per i numerosi operai della vicina ditta, specializzata dal 1915 nella produzione di idrovolanti.