Duomo di Milano-Cattedrale Metropolitana di S. Maria Nascente (Milano)

Diocesi di Milano - Chiesa sussidiaria - Lombardia

Duomo di Milano, Piazza del Duomo, Milano, MI, Italia

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I lavori per l’edificazione del Duomo di Milano, secondo la veste attuale assunta nei secoli, è tradizionalmente fissato al 1386, come prova una tardiva lapide ritrovata nel vicino camposanto, una bolla dell’arcivescovo Antonio da Saluzzo del 12 ottobre 1386 e i “fogli” delle prime entrate e uscite della Fabbrica preposta al cantiere della cattedrale, datati tra il 1386 e il 1388. La Veneranda Fabbrica del Duomo era stata contestualmente fondata su impulso di Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano; a Gian Galeazzo è attribuita anche la decisione di utilizzare il marmo di Candoglia al posto del tradizionale mattone lombardo, idea che comportò una vera rivoluzione di stile, attraverso la scelta del gotico, e una complessa organizzazione su vasta scala che costrinse la stessa Fabbrica a cercare ingegneri, architetti, scultori e lapicidi nei cantieri delle cattedrali d’Oltralpe.

  • 1386: L’impresa fu avviata dalla zona absidale, solcata in verticale nel corso del XIV e XV sec. dalle grandiose vetrate policrome. Il proseguo del cantiere nell’abside, verso il transetto e nelle prime campate delle navate, comportò, come è noto, alcune problematiche, sia tecniche sia culturali.
  • 1386 ‐ 1388: Se il nome del primo architetto della fabbrica, Annechino (Hansschen) de Alemania, conferma come si fosse subito guardato a nord, il dibattito dentro e attorno alla Fabbrica, tra maestranze “locali” e delegazioni d’Oltralpe. fu particolarmente acceso per la ferma decisione di non ricorrere al sistema di archi rampanti tipico delle cattedrali gotiche di riferimento e per l’impostazione generale, ovvero quella di una grandiosa cattedrale a croce latina con transetto aggettante, a cinque navate e tetti terrazzati. Di fatto, dunque, al di là dei nomi stranieri ricorrenti nei registri della Fabbrica ancora nel 1394, è ai maestri italiani che si deve il primo schema planimetrico sufficiente per avviare i lavori ed eseguire le fondazioni nel 1388. Tra questi, Simone da Orsenigo.
  • 1388 ‐ 1392: La pianta del Duomo di Milano fu tracciata tra il 1386 e il 1388; dopo il 1392 fu definitivamente scelto lo schema a cinque navate. Nel 1391 i muri perimetrali erano giunti a un’altezza di circa 12 metri, erano stati costruiti i piloni del coro (dal 1388), si era dato mano a varie soluzioni per i piloni della navata e, all’esterno, era stato creato un basamento alto due braccia, sul quale poggiavano i muri d’ambito della vasta costruzione. L’impostazione dei muri avviò un serrato dibattito sullo sviluppo in verticale attorno al quale ruotarono ancora figure chiamate d’Oltralpe e la “pratica” della tradizione locale. Dal 1390 fu deliberato di ingrossare i pilastri centrali per sostenere il peso della slanciata guglia centrale.
  • 1418: Il 16 ottobre 1418 papa Martino V, di ritorno dal Concilio di Costanza, consacrò l’altare maggiore della Cattedrale. Nel frattempo, l’antica chiesa di Santa Maria, progressivamente inglobata nella nuova costruzione, continuava a sussistere, mentre al nodo dei problemi strutturali si poneva un altro elemento tenacemente difeso dalla “tradizione” locale, ossia il tiburio coronato di quattro torrini, sia per derivazione dall’esempio della basilica di S. Ambrogio, sia in parallelo con più recenti cantieri, dall’abbazia di Chiaravalle alla coeva Certosa di Pavia.
  • 1459: Attorno al tema del tiburio, particolarmente sentito da Francesco Sforza, si alternarono proposte e disegni avanzati da Antonio Filarete, Leonardo e Donato Bramante. La “soluzione” tecnica, tuttavia, si deve a Guiniforte Solari, ingegnere del Duomo dal 1459. Questi, valutata l’insufficienza dei quattro archi a sesto acuto già gettati alle testate dei bracci, decise di costruirne altri quattro “a tutto sesto” sopra l’estradosso di questi ultimi, sgravandoli dai carichi statici e introducendo un sistema di spinte più equilibrate sulle murature d’ambito.
  • 1491 ‐ 1508: Ancora a cantiere in corso, la scelta di un tiburio a pianta ottagonale o a pianta quadrata costituì tema di acceso dibattito. Fu infine deliberato di proseguire secondo l’impostazione fornita dal Solari e tra il 1491 e il 1500 circa i nuovi “architetti” della Fabbrica, il Dolcebuono e l’Amadeo (sotto la supervisione di Francesco di Giorgio), ne completarono il disegno secondo il filo logico impostato più di venti anni prima. Nel 1508 lo stesso Amadeo firmò il disegno del primo dei quattro gugliotti di coronamento al tiburio, il quale servì da modello nei secoli per il completamento sommitale e centrale della grande fabbrica.
  • 1562 ‐ 1580: Dal 1562, il completamento fu affidato a Pellegrino Tibaldi che, ampiamente sostenuto dal card. Carlo Borromeo, introdusse per la prima volta decise variazioni stilistiche in una continuità che, pacificamente e teoricamente, era stata mantenuta per secoli. Il portato principale del nuovo architetto fu la costruzione del ciborio dell’altare maggiore, secondo un prototipo a tempietto circolare sostenuto da colonne corinzie, divenuto canone nella Diocesi di Milano, e la creazione del cosiddetto “scurolo“, ossia della cripta sotto l’altare, cui forse diede un contributo di disegno anche Galeazzo Alessi.
  • XVII: Tra i principali risultati dell’impronta lasciata da Pellegrino Tibaldi alla storia del Duomo, la facciata rappresenta forse l’elemento di maggiore discontinuità. Secondo i suoi disegni (anche se dispersi), furono infatti realizzate nel corso del XVII sec. i cinque portoni e la finestra centrale, coronati di fregi e frontoni.
  • 1760 ‐ 1769: Nel 1760 fu dato incarico a Francesco Croce, architetto della cattedrale, di portare a compimento il tiburio secondo le idee avanzate dall’architetto Merlo e con la supervisione, per le questioni statiche, di matematici, da Paolo Frisi a Ruggero Boscovich al De Regis. L’opera, avviata nel 1765, era pressoché conclusa nel 1769.
  • 1774: Al culmine del completato tiburio, il 30 dicembre 1774 fu posta la celebre statua dell’Assunta, popolarmente nota come ‘Madonnina‘. L’incarico era stato conferito sin dal 1769 allo scultore Giovanni Perego. Fu terminata nel 1773 e dorata a mordente secondo un’idea suggerita dal pittore Mengs.
  • 1805 ‐ 1806: La “questione” del completamento della facciata del Duomo, al quale ci si era dedicati con assiduità di proposte sin dal XVI sec., divenne centrale nell’ambito delle celebrazioni per l’incoronazione di Napoleone. L’incarico fu affidato a Carlo Amati che riprese la proposta, sostanzialmente coerente con l’attuale facciata, già elaborata da Carlo Felice Soave.
  • 1960 ‐ 1970: Gli anni sessanta e settanta del Novecento furono caratterizzati da complessi piani per il restauro conservativo e la manutenzione ordinaria e straordinaria della vasta chiesa, i quali videro la Veneranda Fabbrica del Duomo impegnata dapprima nella facciata e poi nel secondo restauro eseguito sulla ‘Guglia Maggiore‘ (il tiburio) dopo quello effettuato nel 1840.
  • 1981 ‐ 1984: Nel 1969 la situazione statica precipitò a causa degli estesi lesionamenti dei piloni del tiburio; si impose, come misura di sicurezza e presidio statico per il futuro intervento risanatore, la costruzione di un’ incamiciatura in cemento armato e sono stati adottati alcuni provvedimenti specifici, tra cui la chiusura dei pozzi situati nel centro della città. L’intervento di restauro fu preceduto da più di dieci anni di studi e sperimentazioni effettuati anche su modelli fisici e, dopo aver riparato i danni dei 21 piloni secondari, fu attuato sui quattro piloni principali dal 1981 al 1984; l’operazione comportò la sostituzione di materiale lesionato pari a circa un 30% del loro volume e ridiede efficienza e saldezza al nucleo fondamentale del sistema statico del Duomo. Contestualmente al restauro dei piloni, fu affrontato l’adeguamento del presbiterio secondo le norme del Concilio Vaticano II. Il recupero e il riutilizzo dei componenti dell’esistente presbiterio (1569-1614) ha consentito di salvare il monumentale inserto architettonico e artistico che caratterizza l’interno del Duomo
  • 2003 ‐ Oggi: Nel 2008 è stato ultimato un nuovo intervento di restauro sulla facciata iniziato nel 2003, dovuto ad un accelerato degrado del marmo. Il rilievo della facciata, effettuato con un laser scanner da ENI tecnologie, ha prodotto un modello tridimensionale che è stato utilizzato come base per l’inserimento di tutti i dati relativi all’analisi del degrado. Dopo i saggi di pulitura, è iniziato l’intervento con acqua nebulizzata e con microsabbiature. Si è poi provveduto al consolidamento del paramento marmoreo, ove possibile, o alla sostituzione dei conci degradati ed irrecuperabili della facciata. Con le stesse modalità operative impiegate per il restauro della facciata si é quindi proceduto all’intervento conservativo di tutto il monumento, tutt’ora in corso

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VITA LITURGICA

L’accesso per i fedeli è possibile tutti i giorni, con orari specifici. Dalle 6:50 alle 8:30, l’ingresso è consentito liberamente dalla porta laterale del Duomo, situata nel transetto di San Giovanni Bono. Inoltre, l’accesso è disponibile anche dalla facciata Porta nord dalle 8:00 alle 19:00, con l’ultimo ingresso previsto per le 18:10.

Si avvisa che gli orari potrebbero subire variazioni. Consultare il link per avere maggiori informazioni in merito a celebrazioni e confessioni

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LA CAPPELLA MUSICALE 

La Cappella Musicale del Duomo di Milano è la più antica istituzione culturale milanese, attiva ininterrottamente dal 1402 ad oggi. Il suo patrimonio musicale è costituito dalla musica che i suoi maestri hanno scritto nel corso dei secoli e che continua ad essere tutt’oggi arricchito.

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SOSTIENI IL DUOMO DI MILANO

Le attività di cura e valorizzazione che proseguono dal 1387 sono state rese possibili grazie ai tanti donatori che nel tempo hanno supportato la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano nella costruzione e nei restauri della Cattedrale.

Tutt’oggi il sostegno ai nostri progetti di raccolta fondi ci permette di portare a termine gli interventi urgenti garantendo la sicurezza di fedeli e visitatori, con l’auspicio di tramandare alle generazioni future l’incredibile storia della Cattedrale.

Cosa vedere

Scopri le opere presenti presso Duomo di Milano-Cattedrale Metropolitana di S. Maria Nascente (Milano)

Facciata

Facciata

La facciata testimonia di per sé la complessa vicenda edilizia del complesso del Duomo, con la sedimentazione di secoli di architettura e scultura italiana. Quello che si vede oggi è un’affrettata soluzione di compromesso dei primi del Novecento, quando si concluse che era impossibile portare a termine il progetto neogotico di Giuseppe Brentano del 1886-1888 Cinque campiture fanno intuire la presenza della navate, con sei contrafforti (doppi alle estremità e attorno al portale centrale) sormontati da guglie I cinque portali e le finestre soprastanti sono del XVII secolo, il balcone centrale è del 1790 ed i tre finestroni neogotici risalgono al XIX secolo. I basamenti dei contrafforti centrali sono decorati da rilievi seicenteschi, con telamoni della metà del XVII secolo; i rilievi sui basamenti dei contrafforti laterali sono invece del XVII e XIX secolo. La decorazione a bassorilievo dei portali fu scolpita ai tempi dell’arcivescovo Borromeo su disegni del Cerano. Le statue di Apostoli e Profeti sulle mensole sono tutte ottocentesche. Le porte in bronzo sono novecentesche. Si va dal Tardo Rinascimento del Pellegrini, al Barocco di Francesco Maria Ricchino, al neogotico napoleonico dell’Acquisti. Nel 1886 la ‘Grande Fabbrica’ indisse un concorso internazionale per una facciata in stile gotico per il Duomo e nell’ottobre del 1888 la giuria scelse Giuseppe Brentano come vincitore, un giovane allievo di Boito. La caratteristica distintiva del Duomo di Milano, oltre alla forma di compromesso tra verticalità gotica e orizzontalità di tradizione lombarda, è la straordinaria abbondanza di sculture. A quello che è un incomparabile campionario di statuaria dal XVI al XX secolo si dedicarono maestri di diversa provenienza, soprattutto all’inizio, con esempi che vanno dai modi secchi di Giovannino dei Grassi, per poi passare allo stile morbido e cosmopolita dei maestri boemi, renani e dello stesso Michelino da Besozzo, fino agli esempi di scultura rinascimentale, barocca e neoclassica, con anche qualche opera déco degli anni venti e trenta del Novecento. L’altro grandioso ciclo decorativo riguarda le vetrate, che, per quanto riguarda gli esempi più antichi, sono andate quasi totalmente distrutte e via via sostituite, soprattutto nei secoli XIX e XX. Sopravvivono pochi “antelli”  quattrocenteschi inseriti in finestroni più tardi e poco più numerosi sono i vetri della seconda metà del XV secolo e del XVI secolo, disegnati da artisti quali Vincenzo Foppa e Cristoforo de’ Mottis.

Statue esterne

Statue esterne

Tutto l’esterno è decorato da un ricchissimo corredo scultoreo. Sulle mensole degli sguanci delle finestre si trovano statue e busti, sui contrafforti statue coperte da baldacchini marmorei (in basso) e 96 “giganti” (in alto), sui quali svettano i doccioni figurati come esseri mostruosi. Altre statue si trovano sulle guglie, sia a coronamento che nelle nicchie. Il complesso delle sculture è una straordinaria galleria dell’arte a Milano tra il XIV e il neoclassicismo, alla realizzazione della quale parteciparono maestri lombardi, tedeschi, boemi, francesi (fra cui i borgognoni), toscani, veneti e campionesi. 

La Madonnina

La Madonnina

Inaugurata il 30 dicembre 1774, la Madonnina del Duomo di Milano è il punto più alto della chiesa. La statua fu disegnata dallo scultore Giuseppe Perego e fusa dall’orafo Giuseppe Bini, per un’altezza di 4,16 metri. L’interno della statua conserva uno scheletro metallico, che degradatosi negli anni Sessanta del Novecento, è stato ricoverato nel museo e sostituito da un’ossatura in acciaio

Tiburio

Tiburio

Al centro della chiesa si apre il tiburio di Giovanni Antonio Amadeo, alto 68 metri e con una base di forma ottagonale, sostenuta da quattro arcate a sesto acuto e pennacchi. La volta vera e propria è retta dalle lunette a sesto acuto e da quattro archi a tutto sesto, non visibili, nascosti dagli archi acuti. Gli affreschi a tondo nei pennacchi con i Dottori della Chiesa sono opera di scuola lombarda del 1560-1580 circa. Il profilo delle arcate ospita 60 statue di Profeti e Sibille in stile tardogotico della seconda metà del Quattrocento e sono influenzate dall’arte borgognona e renana. Le vetrate nelle finestre sono del 1986 e raffigurano gli eventi del Concilio Vaticano II.

Presbiterio

Presbiterio

Il complesso del presbiterio è circondato da dieci piloni absidali e fu modificato nel Tardo Rinascimento e di nuovo con la riforma liturgico-funzionale del 1986. Oggi va dalla cupola fino alla parte terminata della navata centrale. Carlo Borromeo fece allineare i pulpiti, sistemazioni operate da Pellegrino Tibaldi secondo i dettami del Concilio di Trento. Oggi il presbiterio è diviso in due parti, con diverse funzionalità. Il presbiterio festivo ha accesso da una gradinata semicircolare e occupa una parte della navata centrale e il vecchio coro senatorio (dove si riunivano le magistrature civili e quelle delle confraternite), con vari piani ripavimentati di recente sulla decorazione del Pellegrini. Nel punto più elevato si trova l’altare maggiore, proveniente dalla basilica di Santa Maria Maggiore, consacrato da Martino V nel 1418, che segnò l’inizio ufficiale dell’officiatura della nuova cattedrale. La posizione sopraelevata attuale fu decisa da Carlo Borromeo. Al centro dell’altare si trovano dei rilievi trovati nei lati interni delle lastre che lo compongono, che facevano parte di un sarcofago romano-pagano del III secolo d.C., già riutilizzato come sepoltura di un martire cristiano, come testimonia una croce sul fondo e un cartiglio. La cattedra e l’ambone sono del 1985 e sono accompagnati da due pulpiti cinquecenteschi, progettati dal Pellegrini. Il sinistro ha rilievi dell’Antico Testamento e quattro cariatidi con i Dottori della Chiesa; il destro è dedicato al Nuovo Testamento e sculture bronzee degli Evangelisti, con rami sbalzati dorati e argentati, opera di Giovanni Andrea Pellizzone e bronzi di Francesco Brambilla il Giovane (1585-1599). Tra due piloni si trovano i grandi organi. Alle spalle si apre il coro dei Canonici (1986) con il Tempietto (ciborio) del Pellegrini, con il tabernacolo cilindrico a torre, dono del 1591 di Pio IV. Il ciborio segna anche il confine con la Cappella Feriale, l’altra sezione del presbiterio. Si tratta di uno spazio separato e raccolto, realizzato nel 1986 nel vecchio presbiterio e nel coro, dove poter raccogliere i fedeli durante le liturgie della settimana. Il coro ligneo delimita questa zona ed è composto da un doppio ordine di stalli intagliati da Giacomo, Giampaolo e Giovanni Taurini, Paolo de’ Gazzi e Virgilio de’ Conti su disegno del Pellegrini, di Aurelio Luini e di Giulio Cesare Procaccini nel 1567-1614. I rilievi raccontano 71 episodi (Storie della vita di Sant’Ambrogio e di altri martiri nell’ordine superiore, Storie di arcivescovi milanesi in quello inferiore

Il Sacro Chiodo

Il Sacro Chiodo

Sospeso sopra l’altare maggiore, attaccato alla chiave di volta, si trova la reliquia più preziosa del Duomo, il chiodo della Vera Croce (Sacro Chiodo), che secondo la tradizione era stato rinvenuto da Sant’Elena e usato come morso del cavallo di Costantino I. Il Sacro Chiodo è oggi conservato in una nicchia contenuta in una copia della serraglia in rame dorato con il rilievo del Padre Eterno (oggi nel Museo del Duomo). Anche se sospeso molto in alto, una luce rossa lo rende visibile da tutta la cattedrale. Il chiodo è prelevato dall’arcivescovo e mostrato ai fedeli ogni 3 maggio, festa dell'”Invezione della Santa Croce” (cioè del ritrovamento della Croce), ora  portato in processione il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Per prelevare il chiodo dalla sua custodia viene utilizzata la seicentesca nivola, un curioso ascensore oggi meccanizzato. Dei quattro chiodi della Vera Croce, altri due si trovano, secondo la tradizione, nella Corona ferrea a Monza e alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Il quarto chiodo che avrebbe tenuto la scritta “INRI”, dalla tradizione più dubbia, si troverebbe nella Cattedrale di Colle Val d’Elsa in provincia di Siena.

Gli organi

Gli organi

Si può dire che l’organo del duomo fu una dotazione importante fin dalla nascita della costruzione. Il primo organo fu commissionato già nel 1395 a Martino degli Stremidi ed era funzionante nel 1397. Seguirono continue modifiche, aggiunte e ripristini. Un punto d’arrivo è l’opera di Gian Giacomo Antegnati che tra il 1533 e il 1577 costruì l’organo nord, con 12 registri e 50 tasti, che fu trasportato nella posizione attuale nel 1579. Nel 1583 fu commissionato a Cristoforo Valvassori l’organo sud (1584-1590), in sostituzione di quello più antico. Le ante di quest’ultimo hanno grandi dipinti: a sinistra con Storie della Vergine e dell’Antico Testamento di Giuseppe Meda (1565-1581); a destra la Natività e il Passaggio del Mar Rosso di Giovanni Antonio Figino e Storie del Vecchio e Nuovo Testamento di Camillo Procaccini (1592-1602). Gli intagli dorati delle casse sono di Giovan Battista Mangone, Sante Corbetta, Giacomo, Giampaolo e Giovanni Taurini. I due grandi organi nord e sud furono continuamente rimaneggiati, passando tra l’altro dalla trasmissione meccanica a quella pneumatica fino a quella attuale, elettrica. Sono dotati di otto grandi ante (quattro verso il presbiterio e quattro verso il tornacoro) che possono aprirsi o chiudersi per modulare il volume, riverbero ed echi. Nell’elenco degli organisti titolari vi è anche il figlio di Johann Sebastian Bach, Johann Christian Bach. Nel corso del XIX secolo anche i Serassi parteciparono alla ristrutturazione dell’organo. Nel 1937 furono aggiunti altri quattro corpi, in modo che tutti quanti fossero comandati dalla stessa console. Il risultato acustico fu tuttavia deludente, al punto che tutto il complesso degli organi fu risistemato in occasione della ristrutturazione del presbiterio negli anni 1985-1986. Oggi i quattro organi aggiunti sono posti accanto ai due più antichi, in nuove casse lignee semplici e lineari. La console attuale è stata posta sotto la cassa cinquecentesca di destra (sud). L’ultima ristrutturazione (quella del 1986) fu eseguita dalla ditta Tamburini.

La Cripta

La Cripta

Nel retrocoro, davanti alle sacrestie, si aprono le porte che portano alla cripta, un ambiente circolare disegnato dal Pellegrini con un peribolo attorno all’altare. Da qui si passa a un vestibolo rifatto da Pietro Pestagalli nel 1820, dove si trova lo scurolo di San Carlo, una cappella a base ottagonale schiacciata, progettata da Francesco Maria Ricchino nel 1606. Tutta la fascia superiore e il soffitto sono decorati da lamine d’argento con scene della vita di San Carlo, fatte eseguire da Federico Borromeo nel 1595-1633. Qui è sepolto San Carlo Borromeo in abito pontificale, in un’urna di cristallo di rocca donata da Filippo IV di Spagna.

Salita ai terrazzi

Salita ai terrazzi

Attraverso l’ascensore contenuto nel contrafforte est del braccio nord del transetto si può accedere alle terrazze del Duomo, dalle quali si gode una straordinaria vista sul fitto ricamo di guglie, archi rampanti (dove sono nascosti gli scarichi della acque piovane), pinnacoli e statue, nonché sulla città. Vicino all’ascensore si trova la guglia Carelli, la più antica del Duomo, che risale al 1397-1404 e fu costruita grazie al lascito di arco Carelli. È decorata da statuette della prima metà del XV secolo che ricordano i modi borgognoni. La parte terminale è stata rifatta mentre la statua sulla sommità, raffigurante Gian Galeazzo Visconti è una copia dell’originale di Giorgio Solari, oggi conservata nel Museo del Duomo. Tra tutte le altre guglie solo sei risalgono al XV e XVI secolo e una decina sono del XVII e XVIII secolo. Il tiburio di Giovanni Antonio Amadeo (1490-24 settembre 1500) è sormontato all’esterno da otto archi rovesci che sostengono la guglia maggiore, ultimata nel 1769 con una struttura marmorea, la quale venne collegata a un’armatura di ferro del 1844. Attorno al tiburio si trovano quattro gugliotti, progettati dell’Amadeo, che vide realizzato solo quello di nord-est (1507-1518), arricchito da statuaria coeva oggi in gran parte sostituita da copie. Quello di nord-ovest fu ultimato da Paolo Cesa Bianchi nel 1882-1887, quello di sud-ovest da Pietro Pestagalli nel 1844-1847 e quello di sud-est, che fa anche da torre campanaria, da Giuseppe Vandoni nel 1887-1892. Tra le statue sono singolari quelle nella parte sud della falconatura della facciata, risalenti al rifacimento del 1911-1935: raffigurano gli Sport e sono un inconsueto esempio di statuaria degli anni Trenta

La Navata destra

La Navata destra

Nella prima campata della navata esterna destra si trova il sarcofago dell’arcivescovo Ariberto da Intimiano (m. 1045), sormontato da una copia del famoso Crocifisso in lamina di rame dorato, oggi nel Museo del Duomo, donato originariamente da Ariberto al monastero di San Dionigi. A sinistra, un piccolo marmo seicentesco riporta un’iscrizione che recita: « El principio del Domo di Milano fu nel anno 1386. » La vetrata è decorata da Storie di San Giovanni evangelista di Cristoforo de’ Mottis (1473-1477) Nella seconda campata seguono i sarcofagi degli arcivescovi Ottone Visconti e Giovanni Visconti, opera di un maestro campionese del primo XIV secolo su due colonne in marmo rosso di Verona e proveniente dall’antica basilica di Santa Tecla. La vetrata è decorata con Storie dell’ Antico Testamento di maestri lombardi e fiamminghi (metà del XVI secolo). Nella terza campata si trova l’elenco degli arcivescovi di Milano e una vetrata con altre Storie dell’Antico Testamento, di maestri lombardi, renani e fiamminghi (metà del XVI secolo). La quarta campata presenta il sarcofago di Marco Carelli, un mecenate che alla fine del XIV secolo donò trentacinquemila ducati alla Fabbrica del Duomo per accelerare i lavori di costruzione. Fu disegnato da Filippino degli Organi nel 1406, con statue di Jacopino da Tradate. La quinta mostra una lapide con il progetto di Giuseppe Brentano per la facciata, seguita a sinistra dal sepolcro di Gian Andrea Vimercati, morto nel 1548, decorato da una Pietà e due busti del Bambaia (prima metà del XVI secolo). La vetrata “foppesca” (ma che non è opera di Vincenzo Foppa),  decorata da Storie del Nuovo Testamento (1470-1475) di maestri lombardi che si ispirarono alle opere del famoso pittore con influssi della scuola ferrarese, è una delle migliori del Duomo. Alla sesta campata vi è un altare detto di Sant’Agata composto da colonne composite e frontone, opera di Pellegrino Tibaldi, dove si trova la pala di Federico Zuccari con San Pietro in visita al carcere Sant’Agata (1597). Sulla vetrata si trovano le Storie di Sant’Eligio di Niccolò da Varallo (1480-1489) Nella settima campata si trova l’altare del Sacro Cuore, pure disegnato dal Pellegrino Tibaldi, con una pala marmorea di Edoardo Rubino, collocata nel 1957. La vetrata, disegnata nel 1958 da Jànos Hajnal, ricorda i beati cardinali Schuster e Ferrari, entrambi arcivescovi di Milano L’ottava campata presenta l’altare della Madonna, pure disegnato dal Pellegrini, con la pala marmorea della Virgo Potens, opera di autore forse renano del 1393, detta di Jacomolo, dal nome del donatore. La vetrata con Storie di Sant’Agnese e Santa Tecla è opera di Pompeo Guido Bertini del 1897-1905.

La Navata sinistra

La Navata sinistra

Nella prima campata della navata esterna sinistra si trova la meridiana e la vetrata con le Storie di David di Aldo Carpi (1939). La seconda campata ospita il battistero, opera del Pellegrini, che è composto da un tempietto a base quadrata, sorrette da quattro colonne corinzie, con trabeazione e timpani sui quattro lati. Al centro si trova la vasca, composta da una sarcofago romano in porfido. Alla parete si trovano due lastre marmoree in rosso di Verona, con rilievi di Apostoli, opera probabilmente dei maestri campionesi della fine del XII secolo, proveniente da Santa Maria Maggiore. La vetrata è stata ricomposta con frammenti del XV secolo e illustra Avvenimenti del Nuovo Testamento. Nella terza campata si trova il monumento agli arcivescovi Giovanni Arcimboldi, Guido Antonio Arcimboldi e Giovanni Angelo Arcimboldi, attribuito a Galeazzo Alessi o a Cristoforo Lombardo (1599). La vetrata ritrae San Michele Arcangelo ed è di Giovanni Domenico Buffa (1939). Nella quarta campata è interessante la vetrata con le Storie dei Quattro Santi Coronati di Corrado de’ Mochis su disegno del Pellegrini (1567). La quinta conserva il rifacimento del 1832 dell’edicola della Tarchetta dell’Amadeo, i cui frammenti originali sono oggi al Castello Sforzesco. La vetrata di Pietro Angelo Sesini, forse disegnata da Corrado de’ Mochis, raffigura la Pentecoste, il Transito e l’Assunzione (1565-1566). Nella sesta campata si trova l’altare del Crocifisso di San Carlo, di Pellegrino Tibaldi, con il crocifisso ligneo che Carlo Borromeo portò in processione durante la peste del 1576. La vetrata è decorata con le Storie di Sant’Elena, di Rainoldo da Umbria e del Valerio Perfundavalle (1574). Nella settima campata l’altare di San Giuseppe è pure del Pellegrini, con una pala dello Sposalizio della Vergine di Enea Salmeggia e le statue di Aronne e Davide di Francesco Somaini (databili dopo il 1830). La vetrata con le Storie di San Giuseppe è in parte di Valerio Perfundavalle (1576). L’ultima campata ospita l’altare di Sant’Ambrogio, anch’esso del Pellegrini, con la pala di Sant’Ambrogio che impone la penitenza a Teodosio di Federico Barocci (1603). Sulla vetrata si trovano le Storie di Sant’Ambrogio di Pompeo Bertini.

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