Il Monastero di Santa Maria Assunta in Cairate fu fondato secondo la tradizione in epoca longobarda, tuttavia già prima che divenisse monastero il sito era abitato.
Secondo gli esiti degli ultimi scavi archeologici, il grande terrazzo naturale che si affaccia sul fiume Olona, oggi occupato dal monastero era, in epoca romana e tardoantica (I-VI sec. d. C.), una grande fattoria.
La tradizione affida poi alla leggendaria nobildonna longobarda Manigunda il merito di aver fondato il cenobio femminile in seguito ad una miracolosa guarigione da una presunta malattia di reni. La giovane, il cui padre possedeva terreni a Cairate, ascoltò il consiglio di un’anziana donna e bevve l’acqua miracolosa della fonte di Bergoro quindi celebrò l’avvenuta guarigione con la fondazione del monastero.
Il nome di Manigunda, ancor oggi visibile sul cartiglio dell’arco Settecentesco che costituiva l’antico accesso al complesso monastico, è stato tramandato come quello della leggendaria fondatrice (737 d.C.) come riportato nel suo testamento poi rivelatosi falso e risalente al secolo XI.
Le sepolture privilegiate di uomini armati rinvenute con i recenti scavi archeologici e datate metà VI- metà VII sec., confermano, da un punto di vista storico, la presenza longobarda e lasciano a Manigunda i soli onori della leggenda. È infatti visibile una tomba a vasca corredata da un affresco recante soggetti tipici della simbologia cristiana: un bicchiere d’acqua, una croce latina, un pavone stilizzato simbolo di immortalità. Un’altra tomba invece è una struttura in lastre di pietra di riutilizzo: la copertura riporta la croce astile a più braccia terminali della stessa tipologia rinvenuta in altri siti del Seprio (Arsago, Castelseprio).
Ma il grande potere politico-economico del monastero di Cairate si registra successivamente, in pieno Medioevo quando nel 1176 l’esercito imperiale di Federico Barbarossa risulta acquartierato nei pressi del borgo e probabilmente lo stesso imperatore trascorse la notte nella foresteria del monastero prima della battaglia di Legnano. Il chiostro che noi oggi vediamo tuttavia, risale al Quindicesimo secolo, a conferma del sempre rinnovato potere economico-politico esercitato dal monastero benedettino sul territorio. A quest’epoca risale anche l’ala del monastero denominata di San Pancrazio oggi sede del municipio.
La chiesa annessa, acquista dimensioni sempre più ampie per rispondere alle esigenze di una comunità monastica sempre più numerosa. La badessa Antonia Castiglioni commissiona ad Aurelio Luini, figlio di Bernardino, il Ciclo della Vergine che campeggia sulla parete di fondo della chiesa interna ed è ancor oggi ben visibile in seguito allo strappo che ne ha permesso il recupero. La raffinatezza della badessa Castiglioni è confermata dalla recente scoperta di quella che doveva essere la sua stanza privata e denominata la sala della musica decorata da pregevoli affreschi di strumenti musicali ed animali esotici.
La storia del monastero attraversa i secoli, ma alla fine del Settecento, con l’avvento di Napoleone, il bene viene sottratto al controllo religioso e rivenduto a privati che, incuranti del valore artistico, lo trasformano in abitazione in nome di esigenze pratiche. Tra i cittadini di Cairate, c’è chi ancor oggi ricorda la propria infanzia tra le stanze del monastero divenute abitazione o i pomeriggi dedicati al ricamo con le suore dell’Immacolata Concezione d’Ivrea che furono tra gli ultimi proprietari (metà anni settanta). Grazie ad amministratori locali illuminati che hanno riconosciuto il valore storico artistico del bene, è iniziato, dalla metà degli anni Settanta del Novecento, la graduale acquisizione del bene e quindi il recupero.
In seguito alle recenti campagne di scavo archeologico (2003-2010 circa) e ai lavori di restauro finanziati dalla Provincia di Varese, da maggio 2014 il complesso è interamente fruibile attraverso il percorso storico-artistico e numerose sale sono al momento disponibili per mostre ed eventi.
Visitare oggi il monastero è un’esperienza unica, un viaggio nel tempo attraverso diverse epoche: ognuna ha lasciato un segno ed anche il recente restauro offre, attraverso le diverse soluzioni di recupero e riqualificazione di spazi e strutture, un’ulteriore occasione di dialogo tra presente e passato.
Entrare nel chiostro è un’esperienza suggestiva e coinvolgente; aggirarsi tra le colonne in arenaria osservando capitelli dai soggetti curiosi e inaspettati, o scoprire lo stemma dell’antica famiglia locale, i De Cairate, può essere addirittura divertente…anche perché si dice che nel monastero si aggiri un fantasma… il fantasma buono della principessa Manigunda!
Le visite sono affidate ai volontari della Pro Loco di Cairate che sapranno rivelarvi con competenza e passione i segreti della storia del sito. La visita della durata di circa 1h e si può effettuare nei fine settimana. In alcune sale sono esposte mostre temporanee di pittura, fotografia etc.
Da Cairate si possono raggiungere il Monastero di Torba, il castrum di Castelseprio e Castiglione Olona in pochi minuti d’auto oppure percorrendo la ciclabile che costeggia il fiume Olona, a piedi o in bicicletta.
Secondo la leggenda il monastero benedettino femminile di Santa Maria Assunta di Cairate fu fondato dalla nobildonna longobarda Manigunda. A seguito della guarigione miracolosa da una malattia che le colpiva i reni, grazie all’acqua bevuta dalla fonte di Bergoro, frazione di Fagnano Olona (Va), avrebbe deciso di far erigere un monastero dedicandolo a Santa Maria Assunta, come ringraziamento. Nel monastero è stato rinvenuto un sarcofago del III-IV secolo che si crede possa essere lo stesso individuato dallo studioso Tristano Calco nel XV secolo. Questi racconta di aver scoperto una tomba contenente i resti di una donna riccamente abbigliata. Nell’Archivio di Stato di Milano è custodita una pergamena datata al 737 d.C. che viene considerata il testamento della nobile. Gli studiosi attestano però che si tratta di un falso, scritto nella prima metà dell’XI secolo. La figura di Manigunda rimane quindi avvolta da un’aura di mistero, come fantasma che alcuni sentono aleggiare per le stanze del convento.
Recenti studi archeologici e documentari hanno portato alla luce la millenaria storia del complesso monastico, per secoli perfettamente inserito nella realtà del Seprio. In età romana (I-IV secolo d.C.) Cairate era probabilmente un villaggio. Nella zona attualmente occupata dal chiostro e dalla chiesa monastica si ergeva una villa rustica. La sua posizione era strategica: affacciata sulla valle del Fiume Olona, era elemento di collegamento per i traffici commerciali tra Milano e le valli alpine.
Tra V e VI secolo il complesso mutò aspetto: vennero costruite una piccola chiesa funeraria e una necropoli composta da una ventina di tombe al cui interno sono stati ritrovati resti ossei e corredi.
Poco dopo la conquista longobarda (568 d.C.), venne recintata una piccola area a nord della necropoli tardoantica. L’obiettivo era di isolare tre nuove tombe contenenti i corpi di un gruppo familiare aristocratico longobardo, per tali ragioni chiamate “sepolture privilegiate”. Intorno al VII-VIII secolo il complesso edilizio venne modificato e ampliato per far posto al primitivo nucleo monastico. I risultati degli scavi archeologici hanno anche evidenziato la presenza di un oratorio funerario, datato al VII secolo, luogo di sepoltura di individui di sesso femminile, probabilmente le prime monache.
Le prime testimonianze documentarie autentiche sul monastero risalgono ai secoli X, XI e XII e riguardano soprattutto conferme regie e pontificie della proprietà e della giurisdizione sul convento cairatese della diocesi di Pavia. Uno dei documenti più significativi è il diploma dell’imperatore Federico I, il Barbarossa, datato 26 novembre 1158.
A partire dall’XI secolo l’attività edilizia nel monastero andò intensificandosi e si concentrò intorno all’originario chiostro e sulla chiesa monastica. Nel XII secolo la chiesa venne modificata in una pianta basilicale a tre navate. Rimangono solo poche sculture relative alla decorazione di quel periodo, attualmente conservate nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano, nelle Civiche Raccolte d’Arte Antica del Castello SForzesco di Milano, nel Museo della Società di Studi Patri di Gallarate e nella sala del monastero un tempo adibita a cucina.
Nel XIV secolo l’abside della navata centrale della chiesa divenne quadrangolare e su di essa si impostò un arco a sesto acuto. Appartengono a questa struttura un affresco raffigurante un Santo Vescovo, posto nel vano ospitante l’antico campanile, e gli affreschi della cappella con la quale termina la navata sinistra. Qui è rappresentato San Pancrazio, probabile testimonianza dell’unione avvenuta nel 1482 tra il monastero di Cairate e il monastero di San Pancrazio di Villadosia, frazione di Casale Litta (Va). Tale accorpamento fu voluto dalle due badesse: Antonia, del monastero di Cairate, ed Eugenia, del monastero di San Pancrazio a Villadosia. Le due religiose erano cugine ed appartenevano entrambe alla nobile casata Cairati. Altra famiglia nobile di spicco furono i Castiglioni. A questa famiglia apparteneva la monaca Antonia, badessa tra la prima e la seconda metà del XVI secolo. Durante il suo governo, secondo le norme del Concilio di Trento (1545-1563), la chiesa monastica venne divisa in due parti da un tramezzo per rendere più rigida la clausura: una parte esterna in cui il popolo poteva seguire le celebrazioni religiose, l’altra interna, destinata esclusivamente alle religiose. Negli stessi anni al centro della navata della chiesa interna venne realizzata la particolare cripta sepolcrale e l’abside della navata centrale venne chiusa da una parete sulla quale Aurelio Luini affrescò il ciclo della vita della Vergine (1560). La badessa Antonia Castiglioni commissionò, inoltre, la decorazione della sua stanza, la cosiddetta sala della musica per il fregio affrescato che corre sotto il soffitto ligneo a cassettoni, in cui putti, animali esotici e armi sono intercalati dalle raFFigurazioni degli strumenti musicali del tempo.
Sotto la dominazione spagnola e poi austriaca il monastero incrementò la sua importanza e tra la metà del XVII secolo e la prima metà del XVIII vi fu un ulteriore ampliamento del complesso. Al 1710 risale l’arco trionfale che ancora oggi è visibile e che venne utilizzato come ingresso nel convento. L’altare barocco della chiesa monastica esterna, invece, è del 1724. Con l’andar del tempo la tensione tra potere spirituale e potere temporale aumentò.
Nel 1786, per volere di Giuseppe II, fu ordinato alle monache di “rendersi utili al pubblico” incaricandosi dell’educazione delle fanciulle nobili e non. Le religiose accettarono per evitare la soppressione del monastero. Evento che, però, fu solo rimandato. Il 4 Febbraio 1799 l’ente religioso fu soppresso secondo l’ordine dato dalla Repubblica Cisalpina di Napoleone. Nel 1801 l’intero edificio monastico e i terreni, un tempo posseduti dalle monache, vennero acquistati da tre nuovi proprietari privati: Gaspare Ronzoni, Gaetano Belloni e Giovanni Girondelli. Oggi il monastero è di proprietà della Provincia di Varese.
Il restauro
Si deve all’opera del Cav. Maino, durante gli anni 60, se il monastero ha visto riconosciuto il suo valore con l’apposizione del vincolo monumentale (1964) ed urbanistico (1972). Dopo l’acquisto di metà del chiostro avvenuto nel 1976, il Comune avvia il restauro del tetto e dell’affresco del Luini con i contributi finanziari della Regione e dello Stato. Nel 1980 il Comune si associa al “Consorzio del Seprio” e si avviano quindi gli studi e i primi scavi archeologici. Nel 1986, Comune e Provincia di Varese acquisiscono insieme, rispettivamente per 7/11 e 4/11, la restante metà del chiostro ed il rustico ad ovest. Nel 1996 il Comune riceve in donazione il rustico a nord insieme ai terreni adiacenti; solo da questo momento quindi il chiostro ed i rustici esterni di pertinenza sono interamente di proprietà pubblica. Dal 1999 iniziano nuovi interventi della Soprintendenza volti al recupero dell’arco d’ingresso e della chiesetta, nonchè alla prosecuzione degli scavi archeologici. Durante la prima metà degli anni ‘90 la Provincia predispone alcuni progetti di restauro dell’interno complesso monumentale senza però ottenere ottenere fondi; nel 2000 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, su precisa richiesta di alcuni parlamentari varesini, assegna un contributo sufficiente a coprire circa un quarto del costo complessivo. Nel febbraio 2001 l’atteso epilogo: Comune e Provincia firmano una Convenzione con la quale il Comune cede il chiostro e il rustico ad ovest alla Provincia di Varese, la quale, oltre alla ristrutturazione delle parti di sua proprietà, si impegna anche a farsi carico della ristrutturazione del rustico a nord, che rimane di proprietà comunale. Vengono così finalmente poste le basi per il completo recupero architettonico, monumentale e funzionale del Monastero.
Accessibilità
Pur presentando alcune difficoltà per le persone con problemi di deambulazione, il sito è dotato di un ascensore ed è visitabile nella quasi totalità degli spazi.
Parcheggi
Il luogo è dotato di ampio e agevole parcheggio in Piazza Giardino delle Badesse (ex Piazza Mercato), in corrispondenza dell’accesso al Monastero. E’ possibile parcheggiare anche in via Pontida, in via Monastero e nel parcheggio del Comune di Cairate alla fine di via Monastero.
Crediti
- Ilaria Mascheroni
- Mauro Canavesi
- canale you tube Varese4U Archeo
Bibliografia disponibile per l'acquisto
testi della Pro-Loco di Cairate ?????
Cosa vedere
Scopri le opere presenti presso Monastero di Santa Maria Assunta (Cairate)
Nei dintorni

Solbiate Olona - Piazza Gabardi - VA - 21058
Cavaria con Premezzo - via S. Rocco - VA - 21044

Basilica di Santa Maria Assunta, Piazza della Libertà, Gallarate, VA, Italia

Piazza Garibaldi, Castiglione Olona, VA, Italia

Basilica di Santa Maria Assunta, Piazza della Libertà, Gallarate, VA, Italia
