Secondo la leggenda il monastero benedettino femminile di Santa Maria Assunta di Cairate fu fondato dalla nobildonna longobarda Manigunda. A seguito della guarigione miracolosa da una malattia che le colpiva i reni, grazie all’acqua bevuta dalla fonte di Bergoro, frazione di Fagnano Olona (Va), avrebbe deciso di far erigere un monastero dedicandolo a Santa Maria Assunta, come ringraziamento. Nel monastero è stato rinvenuto un sarcofago del III-IV secolo che si crede possa essere lo stesso individuato dallo studioso Tristano Calco nel XV secolo. Questi racconta di aver scoperto una tomba contenente i resti di una donna riccamente abbigliata. Nell’Archivio di Stato di Milano è custodita una pergamena datata al 737 d.C. che viene considerata il testamento della nobile. Gli studiosi attestano però che si tratta di un falso, scritto nella prima metà dell’XI secolo. La figura di Manigunda rimane quindi avvolta da un’aura di mistero, come fantasma che alcuni sentono aleggiare per le stanze del convento.

Recenti studi archeologici e documentari hanno portato alla luce la millenaria storia del complesso monastico, per secoli perfettamente inserito nella realtà del Seprio. In età romana (I-IV secolo d.C.) Cairate era probabilmente un villaggio. Nella zona attualmente occupata dal chiostro e dalla chiesa monastica si ergeva una villa rustica. La sua posizione era strategica: affacciata sulla valle del Fiume Olona, era elemento di collegamento per i traffici commerciali tra Milano e le valli alpine.

Tra V e VI secolo il complesso mutò aspetto: vennero costruite una piccola chiesa funeraria e una necropoli composta da una ventina di tombe al cui interno sono stati ritrovati resti ossei e corredi.

Poco dopo la conquista longobarda (568 d.C.), venne recintata una piccola area a nord della necropoli tardoantica. L’obiettivo era di isolare tre nuove tombe contenenti i corpi di un gruppo familiare aristocratico longobardo, per tali ragioni chiamate “sepolture privilegiate”. Intorno al VII-VIII secolo il complesso edilizio venne modificato e ampliato per far posto al primitivo nucleo monastico. I risultati degli scavi archeologici hanno anche evidenziato la presenza di un oratorio funerario, datato al VII secolo, luogo di sepoltura di individui di sesso femminile, probabilmente le prime monache.

Le prime testimonianze documentarie autentiche sul monastero risalgono ai secoli X, XI e XII e riguardano soprattutto conferme regie e pontificie della proprietà e della giurisdizione sul convento cairatese della diocesi di Pavia. Uno dei documenti più significativi è il diploma dell’imperatore Federico I, il Barbarossa, datato 26 novembre 1158.

A partire dall’XI secolo l’attività edilizia nel monastero andò intensificandosi e si concentrò intorno all’originario chiostro e sulla chiesa monastica. Nel XII secolo la chiesa venne modificata in una pianta basilicale a tre navate. Rimangono solo poche sculture relative alla decorazione di quel periodo, attualmente conservate nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano, nelle Civiche Raccolte d’Arte Antica del Castello SForzesco di Milano, nel Museo della Società di Studi Patri di Gallarate e nella sala del monastero un tempo adibita a cucina.

Nel XIV secolo l’abside della navata centrale della chiesa divenne quadrangolare e su di essa si impostò un arco a sesto acuto. Appartengono a questa struttura un affresco raffigurante un Santo Vescovo, posto nel vano ospitante l’antico campanile, e gli affreschi della cappella con la quale termina la navata sinistra. Qui è rappresentato San Pancrazio, probabile testimonianza dell’unione avvenuta nel 1482 tra il monastero di Cairate e il monastero di San Pancrazio di Villadosia, frazione di Casale Litta (Va). Tale accorpamento fu voluto dalle due badesse: Antonia, del monastero di Cairate, ed Eugenia, del monastero di San Pancrazio a Villadosia. Le due religiose erano cugine ed appartenevano entrambe alla nobile casata Cairati. Altra famiglia nobile di spicco furono i Castiglioni. A questa famiglia apparteneva la monaca Antonia, badessa tra la prima e la seconda metà del XVI secolo. Durante il suo governo, secondo le norme del Concilio di Trento (1545-1563), la chiesa monastica venne divisa in due parti da un tramezzo per rendere più rigida la clausura: una parte esterna in cui il popolo poteva seguire le celebrazioni religiose, l’altra interna, destinata esclusivamente alle religiose. Negli stessi anni al centro della navata della chiesa interna venne realizzata la particolare cripta sepolcrale e l’abside della navata centrale venne chiusa da una parete sulla quale Aurelio Luini affrescò il ciclo della vita della Vergine (1560). La badessa Antonia Castiglioni commissionò, inoltre, la decorazione della sua stanza, la cosiddetta sala della musica per il fregio affrescato che corre sotto il soffitto ligneo a cassettoni, in cui putti, animali esotici e armi sono intercalati dalle raFFigurazioni degli strumenti musicali del tempo.

Sotto la dominazione spagnola e poi austriaca il monastero incrementò la sua importanza e tra la metà del XVII secolo e la prima metà del XVIII vi fu un ulteriore ampliamento del complesso. Al 1710 risale l’arco trionfale che ancora oggi è visibile e che venne utilizzato come ingresso nel convento. L’altare barocco della chiesa monastica esterna, invece, è del 1724. Con l’andar del tempo la tensione tra potere spirituale e potere temporale aumentò.

Nel 1786, per volere di Giuseppe II, fu ordinato alle monache di “rendersi utili al pubblico” incaricandosi dell’educazione delle fanciulle nobili e non. Le religiose accettarono per evitare la soppressione del monastero. Evento che, però, fu solo rimandato. Il 4 Febbraio 1799 l’ente religioso fu soppresso secondo l’ordine dato dalla Repubblica Cisalpina di Napoleone. Nel 1801 l’intero edificio monastico e i terreni, un tempo posseduti dalle monache, vennero acquistati da tre nuovi proprietari privati: Gaspare Ronzoni, Gaetano Belloni e Giovanni Girondelli. Oggi il monastero è di proprietà della Provincia di Varese.

Il restauro
Si deve all’opera del Cav. Maino, durante gli anni 60, se il monastero ha visto riconosciuto il suo valore con l’apposizione del vincolo monumentale (1964) ed urbanistico (1972). Dopo l’acquisto di metà del chiostro avvenuto nel 1976, il Comune avvia il restauro del tetto e dell’affresco del Luini con i contributi finanziari della Regione e dello Stato. Nel 1980 il Comune si associa al “Consorzio del Seprio” e si avviano quindi gli studi e i primi scavi archeologici. Nel 1986, Comune e Provincia di Varese acquisiscono insieme, rispettivamente per 7/11 e 4/11, la restante metà del chiostro ed il rustico ad ovest. Nel 1996 il Comune riceve in donazione il rustico a nord insieme ai terreni adiacenti; solo da questo momento quindi il chiostro ed i rustici esterni di pertinenza sono interamente di proprietà pubblica. Dal 1999 iniziano nuovi interventi della Soprintendenza volti al recupero dell’arco d’ingresso e della chiesetta, nonchè alla prosecuzione degli scavi archeologici. Durante la prima metà degli anni ‘90 la Provincia predispone alcuni progetti di restauro dell’interno complesso monumentale senza però ottenere ottenere fondi; nel 2000 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, su precisa richiesta di alcuni parlamentari varesini, assegna un contributo sufficiente a coprire circa un quarto del costo complessivo. Nel febbraio 2001 l’atteso epilogo: Comune e Provincia firmano una Convenzione con la quale il Comune cede il chiostro e il rustico ad ovest alla Provincia di Varese, la quale, oltre alla ristrutturazione delle parti di sua proprietà, si impegna anche a farsi carico della ristrutturazione del rustico a nord, che rimane di proprietà comunale. Vengono così finalmente poste le basi per il completo recupero architettonico, monumentale e funzionale del Monastero.

 

Accessibilità

Pur presentando alcune difficoltà per le persone con problemi di deambulazione, il sito è dotato di un ascensore ed è visitabile nella quasi totalità degli spazi.

Parcheggi

Il luogo è dotato di ampio e agevole parcheggio in Piazza Giardino delle Badesse (ex Piazza Mercato), in corrispondenza dell’accesso al Monastero. E’ possibile parcheggiare anche in via Pontida, in via Monastero e nel parcheggio del Comune di Cairate alla fine di via Monastero.

Crediti

  • Ilaria Mascheroni
  • Mauro Canavesi
  • canale you tube Varese4U Archeo

Bibliografia disponibile per l'acquisto

testi della Pro-Loco di Cairate  ?????

Cosa vedere

Scopri le opere presenti presso Monastero di Santa Maria Assunta (Cairate)

1. La sezione museale

1. La sezione museale

Ricavata nell’ala est del chiostro, ospita i reperti rinvenuti durante gli scavi e una ricca presentazione con pannelli e strumenti multimediali del sito UNESCO sui Longobardi in Italia

2. Il chiostro

2. Il chiostro

Di forma non perfettamente rettangolare, in origine era sicuramente più piccolo. E’ caratterizzato da un sistema porticato a due ordini di archi sovrapposti, sostenuti da colonne e capitelli calcarei ed in arenaria. Al piano terreno all’estremità nord era situato il forno del pane ed all’estremità sud un locale con lavandino e una cucina dotata di grande camino. Al piano primo erano state ricavate le stanze ad uso dormitorio per le monache e le converse. Oltre al portico ornato da capitelli scolpiti, i fabbricati sono impreziositi da svariate decorazioni: un emblema di San Bernardino da Siena (in memoria del passaggio del santo, durante la sua visita in Lombardia) scolpito in arenaria, stazioni della Via Crucis affrescate nel loggiato del primo piano, alcuni affreschi nel portico al piano inferiore (tra i quali San Bernardino in colloquio con la sorella Scolastica). Successivamente alla vendita del complesso, i privati hanno utilizzato l’edificio per usi agricoli e di abitazione, snaturando la distribuzione degli spazi e le caratteristiche architettoniche. A seguito degli espropri ecclesiastici effettuati durante la dominazione napoleonica il Monastero venne venduto e gli edifici del chiostro, divisi in due proprietà, furono fisicamente separati da un alto muro di cui restano ancora oggi alcuni segmenti. Successivamente gli immobili vennero destinati ad uso residenziale e produttivo e pertanto manomessi per adeguarli alle mutate esigenze Di questo periodo sono il tamponamento parziale del loggiato del piano primo (per ricavarne il corridoio di distribuzione di un appartamento residenziale, il danneggiamento di uno degli affreschi della chiesa interna per la formazione di un camino, la realizzazione di un solaio, nella stessa, che tagliava in due gli affreschi del Luini.

3. La sala delle absidi

3. La sala delle absidi

Il locale si presenta con un soffitto del tutto particolare: gli scavi archeologici hanno portato alla luce l’abside della chiesa romanica,  collegata con quella della navata laterale. Le decorazioni pittoriche nei 4 tondi del soffitto risalgono al secolo scorso e raffigurano le stagioni. L’ambiente originario è stato ridotto intorno al 1525, data riportata sull’affresco raffigurante S. Rocco, santo protettore dalla peste.

4. Vano campanile

4. Vano campanile

In questo vano la parete di destra è sicuramente più vecchia, almeno quattrocentesca, come si deduce dalle decorazioni di rombi a graffito. Sulla parete verso la chiesa si vede l’arco ogivale che occupava tutto lo spazio della navata centrale prima che venisse tamponato per ottenere una parete uniforme su cui venne affrescato il ciclo dell’Assunta. Nell’intradosso di detto arco è conservato un affresco raffigurante un santo vescovo sormontato dall’araldo dei Castiglioni.

5. La navata settentrionale

5. La navata settentrionale

La parete dell’abside è interamente ricoperta di affreschi, tranne la parte centrale, ove nel secolo scorso è stato posizionato un camino. Nel registro inferiore quattro santi affiancano simmetricamente la Madonna in trono, andata persa: a destra S. Pancrazio, a sinistra S. Caterina d’Alessandria con la ruota dentata del suo martirio, entrambi databili nel ‘400. La parete concava è trattata diversamente: a destra S. Agata, a sinistra Maria Maddalena, con lunghi capelli sciolti. La scarsa femminilità dei piedi fa però supporre che in origine l’immagine fosse maschile, come sembra confermato da un documento che parla di un altare nella chiesa del monastero dedicato a S. Agata ed a Giovanni Battista. Nel registro superiore le due figure dell’annunciazione, la madonna e l’arcangelo, delimitano lo spazio centrale occupato dalla raffigurazione della Trinità: sono visibili la Colomba e Dio Padre che con le mani sorregge la croce su cui sta Gesù.

6. La chiesa interna e il ciclo della vita della Vergine

6. La chiesa interna e il ciclo della vita della Vergine

I lavori per la parete dell’affresco di Aurelio Luini (figlio di Bernardino) iniziarono nel 1560. Sul cornicione c’e la data di fine lavori: 1590. Sul lato nord del cornicione si legge invece l’ammonimento ‘Silentium’. Durante le ristrutturazioni civili dell’edificio dopo l’abbandono dell’uso monastico, l’affresco del Luini era stato tagliato in due per la posa di un solaio ligneo. Con il ripristino degli ambienti l’affresco è stato strappato, intelaiato e successivamente riposizionato. La composizione è divisa in scene In basso i fatti terreni: la nascita della Vergine; la “dormitio” di Maria ed il sepolcro vuoto. Al centro l’Assunta Nei tondi Davide ( destra) e Salomone ( sinistra) Nella mezzaluna superiore: il Paradiso sulla parete di sinistra: le sibille tra le decorazioni della volta : le virtù. Tutto il complesso pittorico ricorda, anche se con minor intensità, l’affresco iniziato da Bernardino Luini e concluso da Aurelio, nella chiesa di S. Maurizio in Milano.

7. Il cortile di San Pancrazio

7. Il cortile di San Pancrazio

Con la denominazione “Cortile/Corte di San Pancrazio” i documenti quattrocenteschi si riferiscono all’ala di monastero posta a nord del chiostro. La dedica a San Pancrazio è probabilmente da ascrivere all’unione con il monastero di Villadosia. Le campagne di scavo che hanno interessato questa zona hanno permesso la scoperta di murature di contenimento del terreno affacciato verso valle e di un impianto per la fusione di una campana (fine Xlll-metà XIV secolo). In età moderna quest’area fu utilizzata per le attività ausiliare della vita della comunità benedettina, come la raccolta e la lavorazione dei prodotti agricoli: venne costruita una ghiacciaia circolare e sono stati ritrovati frammenti di macine e di un torchio. Una stanza al primo piano affacciata al medesimo cortile era usata, forse, dalla badessa come parlatorio personale. In esso si conservano meravigliosi affreschi a motivi floreali e cartigli e un graffito in scrittura gotica minuscola, in cui compare indicazione dell’anno 1470. Attualmente le antiche stanze conventuali dell’ala di San Pancrazio ospitano gli uffici comunali e la biblioteca civica.

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